lunedì 28 ottobre 2013

Pennellate di parole... "Fragranze..."





Jakub Schikaneder carrozza d'inverno al crepuscolo (1900–1910)

                                           Collezione Privata
 

 "Fragranze…"


 Ogni cosa era lenta quella sera: il cavallo incespicava nei suoi zoccoli, il cocchiere non se la sentiva di spronarlo. 
Era silenzio la nebbia, era silenzio la neve, e la luce fioca che dalle finestre appena sì intravedeva. 
Pavel nascosto attese. Passò la donna anziana, la carrozza si perse nel crepuscolo. Quando più nulla vi fu sulla strada, se non quel silenzio a rimbombargli nelle orecchie, dette fiato fin quanto ne aveva alla sua cornamusa, spingendolo oltre quella sera d’inverno, oltre il silenzio. 
Scappavano fragranze di Natale e Capodanno dall’antica pasticceria “Knaus”. A Pavel venne voglia di svenirci dentro a quel profumo, tanto lo stomaco vuoto gli brontolava, tanto il fiato si faceva lamento nella sacca di pelle. 
Intabarrato nel suo cappottino pesante, davanti a una tazza di cioccolato caldo, Vladislav sbirciava Pavel dai vetri appannati della pasticceria, provando a immaginarsi, con piedi caldi e pancia piena, cosa fossero il freddo e la fame. 
Quando uscì dal locale per mano a suo padre, aveva la zucchero a velo sulla sciarpa,e fragranza di cannella tra i capelli.

A vederlo ora fu Pavel. Ordinò al suo stomaco vuoto di tacere, mise forza nel fiato, melodia nella sua cornmusa...







Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi "Divers...amanti"




"Divers...amanti"



Di solito Ermanno provvedeva da solo, e quando erano in vena di coccole, di facezie da amanti, con complicità Amelia gli dava una mano. Erano abiti veloci quelli da togliere: t-shirt dalle maniche corte o lunghe, maglioni, felpe con la zip. 

Quella sera ad Amelia le ci volle più tempo. Le tremavano le mani, gli andavano in commozione gli occhi, e la felicità era così straboccante da farsi peso. Faticò a slacciargli il nodo della cravatta bordeaux, a sbottonargli il gilè di sciantung di seta grigio perla. Ermanno poi non l’aiutava, inerme di tenerezza imbambolato, tutto preso a godersi l’esclusiva di quella donna innamorata. Si sentiva tanto vergine quanto mandrillo, e la cosa gli metteva allegria nelle ruote. 
Le asole della camicia bianca di cotone raffinato, sotto le dita smalto rosso di Amelia, con voluttà abbandonarono i bottoni, rivelando il torace coperto di bionda peluria al profumo di sandalo di Ermanno. 
Le pareti della stanza raccontavano la storia. Vette innevate, cieli tersi, rocce spruzzate di verde illuminate dal sole, ramponi, scarponi, caschi, corde, ferrate, sci, racchette. In molte tavole di quella storia narrata in fotogrammi, Ermanno, con il volto abbronzato in sorriso, con lo sforzo nei muscoli tesi, con le gambe come rampicanti. Poi il racconto in scatti di colpo s’interrompeva.
Altre foto racchiuse in cornici colorate appoggiate su due mensole, conducevano a una nuova diversa narrazione. 
Sul bracciolo della poltroncina in fondo al letto la cravatta, sullo schienale della stessa panciotto e camicia. Mancava la giacca, l’avrebbero recuperata domani o dopo domani, dal salone del locale, dove, dopo il ricevimento, si erano scatenati in un Merengue su due ruote.
Candele all’essenza di vaniglia illuminano l’ambiente, profumano l’aria. 
Ermanno fermò le mani di Amelia, con dolcezza le prese tra le sue. Era arrivato il momento di interrompere quello struggente spogliarello, di procedere da solo... 
Si sbottonò i pantaloni, tirò giù la cerniera, si chinò a slacciarsi le scarpe di vernice nera e le spostò ai lati della carrozzina. Facendo forza sull’avambraccio sinistro si tirò su finché poté e aiutandosi con l’altra mano e l'altro braccio, fece scendere i pantaloni fino alle caviglie, gli sfilò, li mise sulla seduta della poltroncina, affiancò la carrozzina al letto e con una spinta precisa lasciò quella per sedersi sulle lenzuola intonse blu cobalto.
Incantata come prima la volta da quel rituale, Amelia giaceva al suo fianco.
Una cornice d’argento delle dimensioni di un foglio da lettere, campeggiava da sola sul cassettone. In attesa di dar sfoggio del fotogramma migliore di quella giornata, ospitava una partecipazione:




                                              Amelia Piccini         &        Ermanno Tibari

 

                               dopo averci pensato dieci anni, di cui cinque di convivenza, 
                                e una tegola sulla testa cambiargli la vita  ma non  l’amore
                                                         


                                                        Annunciano il loro matrimonio
                                   


                                    Palazzo Pretorio di Valle Elvira, addì 18 giugno 2013

                             Poi andiamo tutti a mangiare a “ La Gola de l’Orco” a Frittole





 

sabato 26 ottobre 2013

Scattiscritti Sto ancora girando... foto di Enrico Carcasci



Foto di Enrico Carcasci

Sei il mio tramonto riflesso. Non ti temo. Mi fa piacere sapere in anticipo come mi vedrò dopo domani. Meglio saprò affrontarmi. Peggio sarebbe se non avvenisse. Da oggi, mi giro al sole che mi secca e matura con più slancio. Faccia di me quel che dev'essere, non porrò resistenza. Mi sento un’estate in tavolozza: marroni che mi vanno in arancio sfumandosi in giallo, verdi che insieme mi tengono, sotto l’azzurro di un cielo che tutto racchiude.

Sto ancora girando…



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venerdì 25 ottobre 2013

Pit Stop "cammino..."



"cammino..."

 
Negli spazi nascosti del cammino, per ognuno di noi si nasconde una giusta persona. Non ha importanza che sia amore, amicizia, conoscenza di un attimo. L’importante è saperla scovare, riconoscere, lasciare che ci si affianchi, insieme a vicenda accompagnarci. Si fatica parecchio a trovarla; qualcuno è restio, qualche altro è troppo timido, debole, e lascia che altri non degni gli prendano il posto. Qualcuno invece, da sé viene allo scoperto. C’è chi fatica a rimanerci accanto, chi troppo presto suo malgrado ci lascia, c’è un destino già scritto alla fonte che, comunque, detta.

Negli spazi nascosti del cammino, c’è un noi diverso da noi che torna.
Quando si trova non siamo più soli…


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mercoledì 23 ottobre 2013

Pit Stop "..."



"..."


Taccio, mi escludo,evito. Scrivo. Continuo robe d’altri, cerco le mie, con la fantasia che non m’abbandona, nel silenzio della scrivania, nel ticchettio dei tasti che sotto le dita(due non di più), battono. 
Sa di pioggia il cielo, alta è la temperatura dell’aria, stagione in caos. 
Forse apro la porta, prendo la strada, con fiacchezza nelle gambe la percorro, pensieri che non vorrebbero pensarsi mi si affiancano, si incistano, s’inciprigniscono. 
Mi manca la voglia del fare quello che devo. Vorrei il fare di quello che voglio, crogiolarmici dentro, mandare in culo il resto, compreso chi dentro a quel resto ci sta.

Mi perdono se con me, non ho più niente in comune…




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martedì 22 ottobre 2013

Scattiscritti

Tramonto a Lucardo foto di Giuliano Corti

"...piano..." foto di Giuliano corti


..Non saprei se confondermi nei verdi in scalata, o immergermi nei colori accesi del tramonto, oppure osare di più scalando il blu cobalto del cielo. Son troppo stanca per affrontare certe simili scelte. Resto immobile lontana, scruto l'insieme, raccolgo speranze, mi riempio di bello gli occhi e chiudendoli trattengo. Girò sulle suole, sospiro, mi rincammino piano...



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lunedì 21 ottobre 2013

Pennellate di parole "Memorie d'inverno"




 
                        Vincent Van Gogh 1888 La sedia di Vincent  olio su tela National Gallery Londra                            
   Vincent Van Gogh La sedia di Gauguin 1888 olio su tela Museum Van Gogh Amsterdam


"Memorie d'inverno"


Malinconici pensieri si persero tra i ceppi incandescenti. Nella gelida mattina di neve in arrivo, nel silenzio della casa, si sedette davanti al caminetto. Si sentiva solo il crepitio del legno che bruciava e il sibilo lieve delle lingue di fuoco andanti su per la cappa. Dalle fessure delle finestre, ininterrotto il vento fischiava. 
Mettersi a fare bilanci di vita gli fece paura. Si limitò a costatazioni amare, a ripercorrere un passato non proprio come avrebbe voluto, a porsi davanti al suo futuro, con un enorme interrogativo. E basta. 
Nel bricco riscaldò il caffè avanzato del primo mattino e lo macchiò con due dita di latte, tornando a sorseggiarlo sulla stessa sedia dinanzi alla fiamma. Quella fonte naturale di calore, gli intiepidiva il volto e le mani appassite. Così si percepiva, fuori e dentro, in uguale misura. Un fiore, una pianta, sempre poco annaffiata, una forzata sopravvivenza sulla terra. I colori, che nella bocca del focolare si alternavano, si fecero notare: il nero dei ceppi in bruciatura, il giallo contornato di scuro delle lingue di fuoco che salivano e il rosso accesso delle braci in continua crescita. Intorno buio, con la fuliggine polverosa e grassa a ricoprire l’interno della cappa fin dove più non si vedeva, fino al comignolo sul tetto. Ecco, se avesse dovuto paragonare la sua anima a un’immagine, a un qualcosa, l’avrebbe paragonata al caminetto: un buco nero nel buio quando dentro nulla brucia, un buco rischiarato dalla fiamma leggiadra o debole, a seconda delle forze che dentro si consumano quando la legna incandescente fa il suo lavoro. Dove trovassero posto i sogni, le illusioni, le aspettative, non lo focalizzava. Forse nascoste nella cenere calda che ancora resta dopo che il fuoco si spegne. 
Si scosse, sentendo con se stesso il dovere di mettersi al riparo da quel rimuginare. 
Quel silenzio fatto di calore, fiamma e pensieri, ora l’opprimeva. Nel giubbotto pesante e nel cappello, trovò una spinta nuova per lasciarsi andare al vento, che ogni cosa spazza…




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