sabato 22 febbraio 2014

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi "Cappelli..."

"Cappelli..."  


Arianna partì, con la valigia grande, con lo zaino in spalla. Nella valigia portava la vita già scritta, nello zaino quella ancora nella penna. In testa un cappello di paglia a tesa larga, con nastri di seta colorati a mescolarsi negli intrecci. Il viaggio sarebbe stato lungo: un primo autobus fino alla stazione più vicina, un Freccia Rossa per Milano Malpensa, un volo per una destinazione lontana. 
Si caricò di bagaglio, prese il passo, il ritmo, il fiato, non si voltò. Non perché ci fosse un lasciato da dimenticare, ma proprio perché quel lasciato appena prossimo, era avvenuto in serenità, pienezza, soddisfazione, tanto da condurla consapevole a quella decisione di partenza.

Quando al check in depositò valigia e zaino, si sentì leggera, si sentì in consegna, di se, dell’amore, che come una gazza ladra andava a riprendersi in una terra di creole nere, dove il sole bacia la pelle tutto l’anno e la luce muta il paesaggio nel tempo di un minuto. 
Le ci erano voluti due anni, per capire che Esteban, amico fraterno, partito per il Kenia come medico al servizio del popolo, scoppiava nel suo cuore, nelle sue vene, nei suoi desideri, come l’unico uomo a cui consegnarsi.

Quando la voce dall’altoparlante annunciò il volo e il numero di imbarco, Arianna tolse il cappello e lo adagiò sulla sedia alla sua destra, infilò le dita di entrambe le mani tra capelli, liberò il volto tondo dalle ciocche andanti sugli occhi. 
Si alzò prese il passo, il ritmo, il fiato, si voltò, rise al cappello…


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sabato 15 febbraio 2014

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi "L''indomandabile"




  "L'indomandabile"

 
Fu silenzio nell'attesa che i caffè fossero lasciati dal cameriere sul piccolo tavolino​. Le poche confuse parole dette fino a quel momento, sembravano già esser tutto. Quel "Grazie" accompagnato da un lieve cenno della testa di Arthur, interruppe quell'atmosfera sospesa. Poi fu suono di cucchiaini nelle tazzine a mescolare zucchero e bevanda scura. Ognuno dei due cercava non trovandola, una scusa per scrutare l'altro nelle pieghe del volto, per domandare l'indomandabile.
La donna tossì, bevve il caffè in un sorso, prese dalla tasca una sigaretta, ammezzata e stropicciata come era lei. Quei pochi gesti, messi insieme con la lentezza di chi al nulla mira, dettero modo ad Arthur di guardarla a fondo, di provare con fatica a ricordare quando e se, fosse davvero avvenuta tra loro conoscenza, frequentazione.
Genevieve sua madre, in arte " Geneve", gli tornò a memoria, con le sue mise di seta colorate, con la sua voce sempre in canto, in prova, perché per lei la vita era sempre in palcoscenico e il palcoscenico sempre nella sua vita.
"Arthur"...- disse la donna- lasciando uscire dalla bocca una nuvola di fumo denso dall’odore stantio.
"Non ti soffiavi mai il naso e quando lei ripartiva per le tournée, ammutolivi per due giorni serrando la bocca, come se tu volessi ruminare le parole non dette, per vomitargliele addosso al suo rientro”


Ad Arthur andò in ghiaccio il volto e il cuore nel petto sembrò fermarsi. Si sentì fragile, indifeso, messo all'angolo, come in quei giorni lontani ora con ferocia d’immagini in parole riesumati. Non si vergognò, non si oppose resistenza, lasciò alle lacrime il diritto di invadere gli occhi, di mettere in singhiozzi la voce. Si strinse in se e a se si abbandonò.
La donna ghignosa restò dov'era, ad inspirare ed espirare il suo mozzicone, a godersi quella rinnovata scena, tratta da un vecchio copione.

lunedì 10 febbraio 2014

Pennellate di parole..."...non come mi dipingo..."



 
Excursion into Philosopy Edward Hopper collezione Privata



"...non come mi dipingo..."


 
Che poi non sono come mi dipingo. Sono peggio. Di quel che peggio che solo che ti ha partorito può accettare senza condizioni. Mi manca, mi mancherà sempre, ma nessun pezzo di me andrà con lei, con mia madre. Non ho ancora pensato a cosa farò scrivere sulla sua lapide, se troverò a scadenza fissa il tempo, la volontà, per omaggiarla. La morte così da vicino non mi aveva mai sfiorato. Rimango senza donne nella vita. Quelle da una sera non fanno testo. Dovrei mettere testa e uccello a posto, me lo ripeto almeno una volta all'anno, mentre almeno due volte a settimana annego i buoni propositi nel bicchiere.
Ora mi lascio andare al sonno, ho la mente che bolle, la bocca impastata, il corpo acquietato.
Strano. Ma così pare che sia. “Non ho voglia di vivere” questo non lo dirò mai! A qualcuno piacerebbe, a gli stessi che mai mi festeggiano, che mai compongono il mio numero per sapere che cazzo combino. E allora io vivo e sono vivo, e ora ho il fucile tra le mani, lo guardo, lo annuso, per sentire se nella canna è rimasto un rimasuglio di polvere da sparo, da svegliarmi le narici, da mettermi voglia di caricarlo ancora. Nudo in mezzo al salotto il fucile in mano, miro al mio riflesso nel vetro della finestra. Con l'immagine di me stesso in quella posa nudo, mi eccito. Mollo il fucile, mi stendo sul divano, mi godo. Sono solo ormai, e non devo più aspettare che mia madre esca, o rintanarmi in camera o nel bagno per sollazzarmi. Tutto mi appartiene, io appartengo al tutto, e in quel silenzio che solo adesso forte percepisco, chiudo gli occhi, gemo piano. Quando ritorno alla stanza provo freddo, commozione. Ho bisogno di vestirmi, ho bisogno di mangiare. Come bestia ferita mi copro, mangio.


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venerdì 7 febbraio 2014

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi "...fanciullo..."



"...fanciullo..."
"I clienti la aspettano nel suo ufficio, si comporti bene!"- aveva detto Petra- Quel: "si comporti bene" mi risuonò nelle orecchie come un monito
affettuoso, di quelli che dispensano le madri quando lasciano i figlioletti alle feste di compleanno. La guardai, la trovai splendida. Il ruolo di mamma le s'addiceva. Dall'ufficio giungeva un brusio inusuale, un chiacchiericcio acceso, delle risate sguaiate. Incuriosito e anche un po' impaurito aprii la porta...

Con la bocca sporca di cioccolato, I Fratelli Bertelli della SIGET s.n.c. (clienti da sempre), erano impegnati tra di loro a scambiarsi figurine dei Pokemon. Giampiero Cresci, amministratore delegato della stessa, giocava a Monopoli con Raffaella Valenti e Sergio Ciappi, rispettivamente segretaria l'una e dirigente l'altro. Appena l'allegra brigata si rese conto della mia presenza, piombò il silenzio, e per una frazione di secondo che mi parve un'eternità, sentii addosso tutta la stranezza di quella situazione. Poi ognuno tornò al suo gioco come fosse la cosa più normale da farsi. Fu allora che vidi sulla mia scrivania, una miriade di lego colorato dalle dimensioni più disparate, dove quelli di colore rosso padroneggiavano. Petra bussò alla porta e senza attendere risposta entrò con album da disegno, tempere e pennelli. 
"Per prima cosa- dissi fra me e me- costruirò l'hangar, poi se mi rimane del tempo l'aeroplano che ci va dentro, altrimenti finisco domani..." Pioveva forte quando lasciai l'ufficio, mi dispiacque che l'auto fosse nel parcheggio sotterraneo del palazzo, avrei voluto bagnarmi andando a prenderla, infilare le scarpe nelle pozzanghere, lavarmi di pioggia il viso. Sopperii a quel dispiacere lasciando il finestrino lato guida mezzo aperto. Pioveva a vento, nel verso giusto, e non ci volle molto perchè la manica della camicia mi si inzuppasse e anche il sedile e il gambale sinistro dei pantaloni. Poi, lo chiusi. C'era rumore nell'abitacolo: di condizionatore acceso, di tergicristallo in funzione, di radio in musica. Avevo bisogno, necessità, di rimare ancora un poco nel caos. Mi sentivo imbambolato, come quando la mattina poco prima della sveglia si fa l'ultimo sogno, ci si alza ancora in balia delle immagini, dell'atmosfera, che quello ci ha lasciato.

"Sono tornato"!. - dissi ad alta voce chiudendo la porta di casa, buttando la ventiquattrore sulla sedia dell'ingresso- 
Carla con Andrea in braccio mi venne incontro, la baciai con trasporto, presi in collo Andrea stringendolo forte.
"Com'è andata oggi?" - disse Carla avviandosi verso la cucina- 
"Una giornata...FANTASTICA!!!- come fanciullo risposi...-




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mercoledì 5 febbraio 2014

Da 1000 a 4000 spazi inclusi "flashback"




 " flashback"



Dopo quel botta e risposta acido, livido, guardandosi negli occhi, sedute a un tavolino un poco in disparte, con stizza, mantenendo a fatica un tono di voce basso per non disturbare le altrui conversazioni, tra Giada ed Enrica si fece silenzio. Di quello che porta a raccolta, a rimettere in fila ciò che con foga si è detto e ciò che mai avremmo voluto dire. A smorzare i loro volti in furia, le loro mascelle digrignate, vennero in soccorso i ricordi che entrambe coinvolgevano. Dopo una pausa di rancore, dove gli occhi di ognuna si erano andati a posare altrove per non dover sostenere gli altri, tornarono a vedersi, a scrutarsi nei fili bianchi sulle tempie, nelle zampette di gallina intorno agli occhi. Trecce e calzettoni portarono a memoria: il cono gelato da 100 lire pistacchio e cioccolato della gelateria “Giorgio”, gli incontri a orario fisso dopo la scuola ai giardini dietro Via del Filarete, ricchi, di confessioni, maldicenze su quella della IV° A su quello bonazzo della X° C. L’acqua rubata intrufolandosi nel terrazzino del paino rialzato, poi sciacquava tutto.
A Giada stava per scappare un sorriso, ma quando colse l'espressione ancora corrucciata di Enrica, lo ricacciò.
Troppo presto per finire in due lacrime e un abbraccio, ancora troppo pieno il sacco da svuotare...






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martedì 4 febbraio 2014

Pennellate di parole..."Monna Lisa inside...""


"La Gioconda" Leonardo da Vinci Museo del Louvre Parigi



"Monna Lisa inside..."

Nello sfiorire matura
 

si fa canuta la nuca
 
il volto di vita si segna.
 
Quando l'acqua del ruscello
 
la sua immagina rimanda
 
si sorride
 
si bea.
 
Nulla vi è più da temere
 
il fato andato
 
il proseguire lento.
 
Di lei si dice
 
ciò che di lei
 
si vuol sentire.



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