mercoledì 30 aprile 2014

Pit Stop "Rughe"


Più non mi adombro
quando il volto allo specchio mi passa.
Non le conto
né maledico
quelle tracce di vita
che matura mi fanno.
Uguale tutti i giorni
non mi accolgo:
dipende dall'umore che sento 
dalla notte in riposo o insonne.
Gli occhi dicono
ciò che l'anima mormora
il passato "ruga"
il futuro avanza. 
Incalza il presente
da viversi
ora...



martedì 22 aprile 2014

Pit Stop "In un ricordo altalenare..."


"In un ricordo altalenare..."




"Inarchi la schiena..." Questo era il punto di partenza di ogni inizio dondolio. Inarcare la schiena, serrare le cosce, spingere le punte dei piedi ben dritte all'indietro, darmi la prima spinta. Poi la seconda, la terza la quarta e così via, prendendo forza, velocità, spingendomi in quell'alto irraggiungibile. Finché giungeva l'attimo preciso in cui l'altalenare sembrava fermarsi nell'aria, pareva dirti che così bastava. Rilassata andava la schiena, ciondolanti le gambe, e avvertivo la frescura sul corpo, l'odore della mia pelle nelle narici.
Momenti di nessun pensiero, rari per me, pensatrice indefessa anche in giovane età, quei dondolii consumati per lo più sulle altalene del Bagno Firenze,a Fiumetto, Marina di Pietrasanta.

La scrittura degli altri porta a galla ricordi creduti per sempre dimenticati. Bello, mi piace, è come rientrare nel guscio di allora, rivedermi nelle mie fragilità consegnate a due catene e un seggiolino. Sono anni che un'altalena non mi accoglie, dovrò porvi rimedio, vedere se la spinta mi riesce ancora, se la paura della velocità e dall'altezza come un tempo paura non mi fanno.
Dipenderà dallo stato d'animo in cui mi consegno, dalla giornata che addosso mi porto, dal desiderio che ho di tornare nei panni di quel ricordo.
E non so se quei panni, più di quelli di adesso mi piaceranno...

Grazie Errico... 
 
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lunedì 21 aprile 2014

Scattiscritti "Così sia..."

"Così sia..."

Quando il giorno va in sera, il crepuscolo la sua va a dire.
Non son mai le solite frasi, gli stessi pensieri, cambia il ritmo, l'intensità, di come vengon detti. Dipende dall’aria che tira, dal colore che primeggia, da quell’andamento lento o allegretto che ha marcato la giornata già in remoto. 
Tramonto a Montepaldi foto di Rebecca Lumachi
E’ così che il tramonto s’annuncia, con le nuvole d’acqua in agguato, con le bianche d’afa a punteggiarne la sera in calura, con le stelle ancora fievoli e la luna prossima, sotto un cielo terso da disegno di fanciullo.
La tavolozza è in fremito. L’arancio scalpita, il giallo sotto spinge, mentre il rosso si batte per dircela tutta...
Il sole?... Il sole sempre reggia! Che sia in pallore o in foco, striato di nero o di una tinta indefinita e indefinibile che nemmeno il pittore gli da nome.
Noi mortali non si può che a ogni mossa di natura sovrana soccombere, predisporre l’occhio alla visione e l’anima all’ascolto. Le emozioni comandano. Per chi le vuol sentire, per chi se ne vuol nutrire. 
Ma c’è chi ignora, perché la voglia e il tempo di imbattersi in quelle, forte impaurisce.
Il tramonto comunque avviene. Si ferma in ogni data, ad ogni novella alba riconduce.
Così sempre, così sia…


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domenica 20 aprile 2014

Scattiscritti " Tutto il resto noia..."


"Tutto il resto noia..."  foto di Marco Ciani



“Che dite verranno?
“Probabile più tardi”
“Avranno da dirsi facezie o cose importanti?”
“Che importa. Siederanno, condividendo quel resta del giorno.” 
Londra anni '80 Hide Park foto di Marco Ciani

C’era vuoto ancora, buttate alla rinfusa le sedute e il bianco e nero non lasciava immaginare che tempo fosse in cielo.
Loro attendevano, di essere riempite di corpi e movimento, di ascoltare in silenzio per mettere a memoria. L’importante era il brulichio delle voci che la bella stagione ogni anno riporta, le briciole intorno ai legni della  struttura, il buon odore dei bimbi sporchi d'erba e gelato. 

Tutto il resto noia…


mercoledì 16 aprile 2014

Scattiscritti "...anagrammi d'estate..."

"...anagrammi d'estate... foto di Marco Galeotti


 
 
"...anagrammi d'estate..." foto di Marco Galeotti
Appena l’aria si farciva di calore e il sole resisteva più della luna, le Signorine Ripa di Pave, sorelle ormai votate al nubilato, amavano trascorrere un breve periodo di vacanza nella tenuta del Conte Grona, ambito e affascinante nobiluomo della casata di San Pamoca. Cosa non avrebbero dato le attempate sorelle perché lo sguardo del Nobile si fosse posato per un istante su di una di loro, prima che il vento le spampanasse tutte.

Ma gli andava già bene se non andavano in vaso, con l’ acqua dimenticata d’esser mutata...



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martedì 15 aprile 2014

Pit Stop "A me sola rimetto sentenza..."

"A me sola rimetto sentenza..."



Quando il verbo parlato non riesce ad esprimere l’essenziale sentito, è a quello scritto che devo ricorrere. Nel silenzio delle dita che battono sui tasti, provo a mettere ordine, a esprimere il mio disagio. Nessuno può, in questo preciso momento, contraddire. Lo stesso Nessuno può solo leggere se vuole, prendersi del tempo per farlo, oppure lasciare che i simboli neri d’inchiostro virtuale, gli scorrano sotto gli occhi come macchie scure.
Ho ascoltato le ragioni degli altri, il loro punto di vista, mi sono sentita come spesso mi accade: sul banco degli imputati. L’accusa ha fatto la sua arringa, il Pubblico Ministero ha ribattuto. Manca solo un giudice a completare la scena, a valutare o no l’avvenuto delitto di cattivi intenti. Soccombo ad ogni figura giuridica presente e non, taccio, non replico, incasso.
Non ci sarà nessun tempo a darmi ragione, verranno giorni nuovi a continuare a darmi torto, non ci sarà modo per far valere il mio pensiero, la mia parola contro la loro. Essi dicono che io ferisco, passo da Jekyl a Hyde senza che niente e nessuno possa fermarmi in questo mio trasformare. Cosi dicono, dovrò crederci, o almeno fra credere che credo.
Mi manca chi di mestiere ascolta, tu lo paghi e lui rielabora e rimanda. Ne conosco una molta molto brava, mi ha accompagnato per un lungo tragitto, è stata Lei che mi ha ricondotto alla scrittura, a ridar vita a questa passione abbandonata. In questa aula oggi vorrei che ci fosse. Lei saprebbe ricollocare i ruoli, saprebbe non farmi sentire così sbagliata come mi fanno. Non ho alternative a questo mio essere "imputata", né posizione sociale ed economica, che possa condurmi ad un atto di ribellione, di autonomia. Mi risento come se avessi vent’anni e ne ho quasi cinquanta. Non perché mi senta giovane e bella, proiettata in sogni, obbiettivi e vita in spendere, ma perché come allora inadeguata, fuori dal coro, compressa in una dimensione non mia, dalla quale come allora non riesco a uscirne fuori…
Cara me…(nemmeno poi tanto cara). Se mi fossi cara sarei altrove, sarei …Nemmeno lo so, dove e come sarei…

L’accusa ha terminato il suo intervento, il Pubblico Ministero pure. Il giudice insiste a mancare. Io ho ascoltato in silenzio con gli occhi nel vuoto.
“L’imputato ha qualcosa da dire a sua discolpa?” – una voce fuori campo domanda-
“ No, non credo, tutto è già stato detto”. - imbambolata rispondo-
"Potrei di questo tutto esporvi il mio contrario." - proseguo-
"Ma che effetto sortirebbe? L’errore commesso è mio solo, io l’ho fatto nel tempo e nel tempo tramandato, perpetuato. Niente dunque, davvero niente da dire.
A me sola rimetto sentenza…” 
 
 
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lunedì 14 aprile 2014

Scritture a quattro mani... Da 20lines "Weekend in Montagna"


  "Weekend in Montagna" di Hallyson M. e Giovanna Vannini




La meta era una superficie liscia ampia qualche metro ai piedi della cima appuntita di una montagna, la cui fama piena di storie sinistre...


Camminavano ormai da più di un'ora, la meta sempre più vicina. I passi trascinati risuonavano nel silenzio sollevando qualche sassolino, altrettanti ne sollevò il compagno di ventura poco dietro di lui. Uno per poco non gli finì dentro la scarpa. E questo sarebbe valso un ulteriore ritardo. Erano due amici inseparabili, quasi fratelli. Si odiavano e si volevano bene con la stessa frequenza. Uno - Alban - più loquace, pignolo e pratico, l'altro - Jordan - taciturno, distratto e maldestro. Agli antipodi, per questo inseparabili.
- Muoviti, pappamolle!
gli urlò, rantolando; era nervoso, niente stava andando come si era scritto su un foglietto stropicciato. Uno spiazzo li stava aspettando già da un po'.​ La meta era una superficie liscia ampia qualche metro ai piedi della cima appuntita di una montagna, la cui fama piena di storie sinistre ne aveva appesantito le pendici aspre e seghettate. Ad accompagnare il loro percorso, un tramonto dalla strana sfumatura cremisi. Alban non ci prestò attenzione; d'altro parere Jordan, che per poco non fece perdere altri secondi preziosi, fissando incerto quel panorama strano. C'era solo bosco attorno a loro: ettari di terreno lontano dalla mano artificiale e dannosa dell'uomo. La natura lì si era vendicata riprendendosi ciò che gli apparteneva: alberi e conifere nascondevano segreti e vita e chissà cos'altro! Una nebbia però celava l'orizzonte e si spandeva lentamente accompagnando il lento capezzale del sole. La salita causò un inevitabile affanno, che su Alban aveva un ritmo diverso rispetto a Jordan; più lento nel primo, più palese nel secondo. Ma ecco che quella salita era valsa a qualcosa: il piazzale sgombro e circondato da alberi e natura si palesava, pronto ad accogliere la loro unica tenda, la loro avventura.

Si ritrovarono senza parole. Per Alban fu più difficile, per Jordan normalità. L'aria era così ossigenata da levare il fiato. La natura non lasciava spazio a nessun altro senso se non quello dell'ammirare, in silenzio rapiti ognuno dei due a suo modo; prendendo, riconsegnando.
Ad Alban la troppa emozione metteva ansia, doveva migrarla fuori dal suo involucro, esorcizzarla al più presto con il fare.
" Forza, fuori la tenda e accampiamoci, prima che faccia tramonto, prima che la temperatura cali"
Jordan non ebbe il cuore di replicarli, avrebbe volentieri atteso ancora, goduto di quell'arrivo tanto bramato, ma l'incalzante cantilena di Alban sui compiti da dividersi, lo smontò all'istante.

Nel proseguire delle ore il paesaggio montano divenne quasi avverso, i contorni dei crinali si stagliano minacciosi nel blu indaco e le ombre della vegetazione mossa dal vento, ad ogni folata disegnavano strane figure.
Per paura di mostrarsi ridicolo all'altro, entrambi tacquero ​quel preciso sentire, consumando senza incrocio di occhi, la cena frugale, seduti in terra appena fuori l'ingresso della tenda, ascoltando i rumori del silenzio. Poi Jordan, interruppe quell'atmosfera pesante come i macigni che li circondavano.
"Che ora si è fatto?"
"Appena le nove"
"Credevo più tardi"
La nebbia infittiva, la notte metteva a buio pesto...

Rintanati nei sacco a pelo, fermi, schiena a schiena, trascorsero quella prima notte. Non seppero se avevano dormito, non so le domandarono al risveglio, nessuno dei due provò a scuotere l'altro nel sonno per accettarsene, e, in caso, mettersi a chiacchiera .
Jordan si alzò per primo e vide Alban ancora addormentato, almeno nel tempo in cui il sole andava in nascita. Aprì piano la cerniera della tenda per non disturbare l'amico, solo per se si accaparrò la meraviglia di quel risveglio da Eden. L'aria ancora fredda della notte, gli schiaffeggio il volto assonnato e il silenzio sembrò comprimergli i timpani. Infagottato dalla cintola in giù nel sacco a pelo, si trascinò fuori, prese l'acqua dalla borraccia, la mise a scaldare nel bricco di latta sul fornelletto, dallo zaino delle provviste tirò fuori il caffè solubile e il pacco di biscotti preferiti da entrambi. Ne inzuppò uno alla volta, intingendo con quelli la punta delle dita fredde per rianimarle.
"Potevi svegliarmi!"- disse Alban con il suo solito ghigno da ogni ora del giorno-
Senza badargli Jordan mise altra acqua sul fuoco, prese altro caffè e altri biscotti. Come gli fosse dovuto Alban attese la sua colazione...

Consumarono la colazione a ritmi diversi: Jordan con flemma assonnata, Alban con agitazione. La nebbia non gli era mai piaciuta, la odiava - come odiava l'odore del talco, che lo faceva starnutire a non finire! Solo che lì c'erano solo loro due e niente che c'entrasse col talco. Alban fissava insistente la nebbia come a volerla far rarefare così, per magia. Impossibile. Jordan, accortosi della stramba espressione che si era dipinta sul volto dell'amico, iniziò a ridere sguaiato.
- Sei assurdo Al, hai la stessa espressione concentrata di quando vai in bagno!
Secco e conciso, semi-serio salvo poi riprendere a ridere con gusto, dando qualche spintone scherzoso alla sua spalla - che per poco non fece rovesciare il suo caffè!
- Ma che cavolo! Sta' attento!
Permaloso si mise a sbuffare, mentre nella distesa di conifere e natura, tra il cinguettio particolare di una civetta e quello di un pettirosso mattiniero la nebbia avanzava, fitta e silenziosa. Tutto per Alban era sempre più sinistro - alimentato da dicerie riguardanti il posto in cui si trovavano. Jo, calmatosi, riprese anche a fissare l'amico notandolo teso.
- Non hai dormito bene? - gli chiese, perplesso.
- Mh... è che... il panorama è bellissimo ma questo posto... - esitò, deglutendo un pezzo di biscotto - ... mette i brividi! - ecco, l'aveva detto. Si strinse nella coperta che ancora avvolgeva le sue spalle, tirando su col naso.
- Non dirmi che credi alle voci che girano su 'sto posto: a quei ragazzi scomparsi, a quella ragazza morta... - non concluse; lo sguardo intimorito di Alban era più eloquente di mille parole.

Bastò qualche ora e la nebbia abbracciò tutto il panorama, azzerando l'orizzonte. Un intenso muro grigiastro creava un ostacolo non indifferente per gli occhi dei due ragazzi; Jordan non fece una piega, Alban visse quell'arrivo inevitabile con una angosciante smania, che lo rese a dir poco antipatico. - Diamine Alban, non puoi essere così cacasotto! - sbottò inasprito l'amico coraggioso, mentre era intento a raccogliere qualche tralcio d'albero con cui accendere un focherello per la notte. Non lo guardava, ma il tono era fulmineo come un'occhiata. Secco ma inevitabile.
- Si papà, seguirò il tuo consiglio! - ironizzò il pavido Alban, intento anche lui a raccogliere rami e rametti e anche mirtilli grandi come acini d'uva. Una delizia immacolata! Loro, che di città ne avevano fatto indigestione non potevano non tagliarsi un lungo fine settimana immersi nella natura... Poco importavano le dicerie!
Alban dando le spalle a Jordan continuava a fare il suo, quand'ecco che qualcosa colpì il centro della propria schiena. Trasalì e le mani persero la stretta sul lembo inferiore della maglietta che accoglieva i mirtilli, facendoli cadere a terra. - Ma che diamine, Jordan! - ruggì arrabbiato, girandosi pronto a dirgliene quattro all'amico.

Ma lui non c'era.
- Bhè, prima tiri il sasso poi ti nascondi? Sei un bambino! B A M B I N O! - Scandì lettera per lettera, uno spelling carico di sarcasmo. - Dai, esci allo scoperto! Non è divertente il tuo giochino! - Continuò quel monologo, che nell'aria ritrovava solo il suo eco. Ma di Jordan, nulla.

Il susseguirsi delle ore in quell'atmosfera che dal mondo reale pareva allontanarsi di minuto in minuto, aveva messo i due ragazzi in confusione, tanto da avvicinargli il giorno e la notte, da unirli in un unico, stretto, passaggio. E la nebbia, che ogni cosa nascondeva disorientando, contribuiva a rendere quel weekend fuori da l'immaginario...
Alban risentì nelle orecchie il tonfo della botta sulla schiena, percepì di nuovo il silenzio padrone indiscusso del luogo, riprovò, ora con la voce esile e impaurita, a richiamare l'amico.
"Jo...Jordan, dai vieni fuori! Ora basta...- centellinando le parole, soppesandone le sillabe-
Nulla. I mirtilli giacevano a terra. Una macchia rossa davanti ai suoi occhi, l'unica immagine ben visibile in quel grigio fumoso. La spavalderia di Alban stava andando in frantumi. Sentì freddo sentì paura, ma sopratutto si sentì solo.
Poi fu vento, impetuoso e dirompente. Si ritrovò a terra, con le braccia a farsi scudo sul volto, con la gola in singulti pronta a dar sfogo al pianto. Non avrebbe mai voluto che qualcuno lo vedesse in quello stato, primo fra tutti Jordan. 60 secondi, da contarsi uno ad uno, dove la nebbia parve non essersi mai manifestata e un cielo terso e un'aria mite, essere gli unici protagonisti.
"Alban"- -disse con un fil di voce Jordan toccandogli appena la spalla-
Alban sussultò in preda al panico​ indietreggiando sul terreno.
"Calmati sono io Jordan"- proseguì leggendogli il terrore negli occhi-
Poi fu ancora silenzio, quello degli sguardi complici, quello del capirsi nelle viscere dell'anima, quello che sa cosa potrà raccontare e cosa trattenere per sempre in...silenzio. 


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