mercoledì 21 dicembre 2016

Pit Stop Dicembre, un mese a parte



Va in congedo, smaltisce gli ultimi giorni passando per un nuovo Natale. Dicembre è un mese a parte, da solo sembra fare il calendario. Porta bilanci, porta promesse da lasciare in consegna a gennaio, si ripete. Fedele negli anni, nel tempo, quello di ognuno. Come ognuno ha, il suo dicembre. Se lo rigira tra le mani, se lo guarda, gli vuol bene o male, oppure lo considera alla stregua degli altri undici. Punti di vista, punti di sentire. Quest’anno parrà più lungo, per via delle date di festa che non interrompono la settimana, ma che nel suo fine, già dedito al fermarsi, si piazzano. Mi piace, lascia spazio per perdersi in lentezza se possibile. I giorni che stanno nel mezzo tra il Natale e la fine dell’anno sono i migliori, creano aspettativa, stanno appunto nel mezzo. 

Vado a leggermi l’oroscopo, magari mi dice qualcosa da non perdere, qualcosa d'importante, magari mi mette un sorriso, un pensiero, un macché in circolo.

Buon solstizio 
 

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sabato 10 dicembre 2016

Scattiscritti A occhi chiusi foto di Valentina Santecchia

Quella faccenda di chiudere gli occhi mentre la melodia nasceva, gli veniva ovvia, naturale. E Little Rose non riusciva così a farsi notare mai.
Quante volte si era fermata ad ascoltarlo, nella speranza che prima che la chitarra emettesse l’ultima nota, lui aprisse gli occhi, si accorgesse di lei e del suo trasognare. Con gli spiccioli di giornata l’avrebbe invitata a prendere un caffè.
Gilbert, cantore si strada, menestrello di Bretagna, con la sua fida,  portava le sonate dei grandi nei piccoli paesi.  Little Rose non si stancava mai di ascoltarlo. 
Ogni anno, per sette giorni, nella stessa settimana d’aprile, Gilbert sostava a Comburg, villaggio di lei. E lei ogni anno, per sette giorni, stessa ora, stesso patema, era lì. E da lì fuggiva, prima che le dita di Gilbert pizzicassero l’ultima corda e i suoi occhi rivedessero la luce.
Quel giovedì 18 aprile 2012, Little Rose decise. Si reco, ascoltò, con le palpebre strette ben oltre la fine della musica.
Un ticchettio, una presenza vicina agognata, la riportarono al qui.
Gli spiccioli di giornata andarono in caffè. L’addio in un arrivederci.

Musicista di strada foto di Valentina Santecchia



venerdì 9 dicembre 2016

Scattiscritti Prometto foto di Valentina Santecchia

Prometto di abbattere ogni barriera davanti ai miei sogni 
Prometto di impegnarmi affinché i miei sogni non restino tali. 
Prometto al mio sempre di stare nel qui, nell’ora, nel domani. 
Prometto al mio domani di non dimenticare mai il suo passato. 
Prometto al mio passato di arricchire il mio futuro.
 

Ora e ancora da vicino ti proteggo. Vorrei rosso per te, che di passione ti accenda, che di forza ti abbracci, che di amore ti prometta.
 

Promettiti ciò che io per te prometto.
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Giubbotto rosso foto di Valentina Santecchia







Scattiscritti Accarezzo foto di Valentina Santecchia


Una dolcezza infinita mi accarezza.
Vorrei tornassero i giorni in cui ci facevamo compagnia negli angoli di scorci di mutante paesaggio. Raffiche di vento gelido ci schiaffeggiavano il volto. Ora la lontananza mi ottunde i ricordi. E allora io…aspetto: che la luce sia precisa, che la nuvola passi, che senta l’emozione attraversare il mio dentro, fermarsi sull’occhio immobile, procedere verso la mano e il suo dito.
Solo dopo, quando avrò tentazione di guardare il mio impegno, la dolcezza infinita di nuovo, mi accarezzerà.
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Civita di bagno Regio foto di Valentina Santecchia

domenica 4 dicembre 2016

Pennellate di parole...Prese il passo







Vincenzo Sguera Dal passato al futuro passando dal computer
 



Si svegliò presto. Mise scarpe da passeggio e giubbotto da inverno. C'era luce di dicembre in cielo e non di fili a led. Prese il passo annusando l'aria fredda. Avrebbe percorso 4km e 300 metri, quanto c'era dall'uscio di casa sua a quello di Giacomo.
Poi insieme avrebbero ripercorso la via a ritroso, trovando l'ora, le 10 forse, per fermarsi da Loredana a far colazione, la seconda della mattinata. I racconti del passato sempre vivo, si sarebbero mescolati al presente, tentando di andare in futuro.
Un futuro molto prossimo, poco lontano...

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mercoledì 16 novembre 2016

Pit Stop A rieccoci, si ri inagura!!!



A rieccoci, si ri inaugura! Si raddoppia! In due anni e mezzo c’è a chi gli cresce la famiglia, a noi ci son cresciute le stanze! L’importante è crescere. E con questo spazio, ampliato, rinnovato, ri visto, e ri arredato, noi, con tutti voi, speriamo di farlo. Ora ci vedete tutti qui bellini, sistemati e ravviati, insomma, come si dice a Firenze “ tutti in chicchere e piattini ” Ma ci siam fatti un discreto cu… ma…du p…si è lavorato sodo ecco, sotto la guida creativa del piccolo genio Calamassi, i mobilini minimali dal laboratorio HOBO, con le lampade eleganti del Galeotti, il totem girevole del Galloni che raccoglie i ricordi legati a Montespertoli di Danilo Baragatti, e tanti altri preziosi contributi dei soci belli..tutto per dare LUCE, come dice il nostro qui caro amico umbro/spoletino/rott…Alessandro, ormai da un pezzo naturalizzato montespertolese.

Questo è il LOFT19 ( a Giuliano gli piace più chiamarlo Saletta21 in ricordo dei tempi andati, perché Giuliano quì dentro c'è sempre stato) laboratorio del circolo foto-grafico Fermoimmagine Montespertoli, spazio polivalente che ospiterà gli eventi, le mostre organizzati dal Comune e dal circolo stesso e il recupero dell’archivio Baragatti, catalogato e già utilizzato per la mostra della Filarmonica Amedeo Bassi ed altri recuperi di preziosi fotogrammi. Non solo fotografia quindi, ma arte e cultura in tutte le sue forme, o quantomeno in quelle che possono essere contenute e condivise in questo spazio.

E poi in ultimo ma non da meno, luogo in cui semplicemente… incontrarsi.
Noi ci siamo. Voi?
Viva il Loft 19!
Viva Montespertoli!
Montespertoli Viva!" 


Foto di Alessandro Fontani




lunedì 7 novembre 2016

Pennellate di parole... Al caffè


John Singer  Sergent Cafe on the Riva degli Schiavoni (1880 circa)

Erano venute a trovarmi, da tempo glielo chiedevo. Non perché avessi nulla di particolare da dir loro, solo per fare gruppo al tavolino di quel caffè, che tanto bramavo frequentare ma non da solo. E poi la bellezza del luogo, il passaggio lento della gente, gli arrivi in gondola. Insomma volevo esser lì per dire che anche io c’ero. Ma, non, da, solo. La solitudine mi avrebbe consegnato soltanto occhi indagatori, espressioni compassionevoli, frasi interrotte nel mettermi a fuoco. Solo il cameriere, ecco si lui, lui per abitudine di modi riservati e distanti, niente di tutto ciò avrebbe fatto trapelare. Con loro sedute al mio tavolo, accanto a me, prese da me, protettive e gagliarde, nessuno avrebbe notato il mio volto troppo giovane, il collo incassato nelle spalle, la gobba malcelata dalla giubba e le mani, nodose d’artrite. Felice, ero felice, tra discorsi frivoli e risatine, tra tutti quegli sguardi puntati su loro e il mio divertimento nell’essere padrone non visto della scena.


Paolina, Teresa, Guendalina, Rosetta e Miriana, mi baciarono le guance prima di andare, a turno, come un rito. Poi Paolina fece cenno alle altre di avviarsi e tornò da me. A riscuotere il denaro che dovevo per quel pomeriggio di amore diverso.