venerdì 10 giugno 2016

Pit Stop Vado...


 Vado, parte anche oggi il giorno.
Avrò pensiero da mettere in fila e programmi da portare avanti.
Metto animo nel passo, porto lucidità dove manca
Ho ancora voglia di essere bambina senza i ma e i se che l'età mi porta
Sono quella che fin qui ho raccolto
Sarei quello che domani vorrei che fosse
Vado. il tempo stringe e le cose incalzano.
Ma la lentezza del non vivere è in agguato e allora qui rimetto insieme parole mentre ascolto la musica che va.
Saranno parole per pochi.
Saranno quello che io in fondo sono, con questo piano che snocciola note, con questa melodia che fuori ne esce, così soave da portarmi un respiro lungo e profondo nella pancia.
Scappo, la giornata incalza e vorrei invece fermarmi a non fare nulla.
E le dita del pianista danzano sulla tastiera bianca e nera e io batto i mie polpastrelli sulla mia.
Silenzio ora, solo ascolto
Anche il ticchettio delle mie dita sui tasti è troppo rumore.
Ora rileggo, correggo gli errori e come ogni volta che ne ho voglia...consegno...
Baci e abbracci a tutti
La musica dopo me va...
Ascoltate e insieme leggetemi se potete.
Spero sarà un tutt'uno.







mercoledì 8 giugno 2016

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi " 18 luglio 1996"


 "18 luglio 1996"

Saverio spinse le ruote con forza, una forza venuta dopo, quando quelle ruote di gomma erano diventate il suo moto a luogo. I bicipiti di Saverio erano così ben scolpiti da fare invidia al più narciso culturista. A dircela tutta anche il suo volto e tutto il suo resto fino alla cintola, erano da fare invidia: capelli neri, corvini, raccolti in una coda di cavallo che esplodeva sotto l’elastico nero, barba appena accennata, un’ombra scura sulla pelle chiara, quasi trasparente, verdi gli occhi, sovrastati da sopracciglia folte che si univano tra loro. E poi le mani, dalle dita da musicista, qualsiasi strumento tra quelle, sarebbe stato al posto giusto al di là di come lo avesse suonato. 
Spinse sulle gomme delle ruote Saverio, alla carrozzina elettrica non era voluto passare Quel doversi impegnare per dare vita al “suo passo” lo rendeva orgoglioso. 
 Si posizionò davanti agli altri, nessuno gli fece storie, anzi, gli fecero spazio. Si posizionò per emozionarsi di nuovo. Tomas Mc. Gragory e Larissa Sawson tornavano ad esibirsi nella piazza del suo paese dopo venti anni. Erano più belli, più complici, più accattivanti , più bravi, di quel sabato sera datato 18 luglio 1996, quando giunsero giovani, il primo campionato europeo vinto, le prime chiamate per esibirsi al di fuori delle gare. Erano un uno ora, un uno che danzava. Tra quei due sabati, quei due 18, quei due luglio con un secolo in mezzo, Saverio non li aveva mai persi di vista, seguendoli nelle gare, negli articoli di giornale, nei video postati su You Tube negli ultimi anni. 
La testa di Saverio fu arto, dette il ritmo, contò i passi, costruì figure. 
Tomas tratteneva la vita sottile di Larissa per un tempo infinito di pochi secondi, Larissa sfiorava il palmo della sua mano con la sua, per un tempo nel tempo sospeso. Le gambe rollavano, i piedi intrecciavano tra loro, i corpi distribuivano anima. 
Saverio ricordò con dolore immutato il tragico giorno del suo stopparsi: 19 luglio 1996. Ebbe rimpianti da fargli digrignare i denti e rabbia sui lineamenti delicati, provò perfino a contrarre i muscoli della gambe ma senza esito, a differenza di quelli della braccia che sembrarono scoppiare sotto le maniche della camicia di lino color azzurro. 
Quella furia di emozioni durò il tempo che Tomas trattenne Larissa per l’esile vita.  
Poi ogni cosa rientrò da dove era uscita. 
Da dietro la fragranza di patchouli di Valeria arrivò al naso di Saverio e ancor prima di sentire le labbra di lei mordicchiargli il collo, sorrise, sornione e compiaciuto. 
Scrosciarono applausi, si urlarono “Bis”.

Noemi accanto a loro arrossì, Valeria fu ammirata, Tomas lasciò scivolare con grazia la mano sul sedere di Larissa, Larissa non si stupì e la trattenne. 
Saverio pianse.

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Ballerini di tango foto di Giuliano Corti

Pit Stop "C'è bisogno"

"C'è bisogno"


C'è bisogno di cambio e non dell'armadio che per altro ancora non ho fatto, ma di persone, situazioni, cose in programma o già programmate.
C'è bisogno di pulizia mentale. Ho un tale ingombro che mi alzo già stanca.
C'è bisogno di qualche vaffa mirato! Senza tanti giri di parole, senza mettersi i guanti, né provare a cercare gli aggettivi migliori per dirlo.
C'è bisogno di scelte, senza nessun dettame preciso se non quello dell'istinto, Già l'istinto, messo in stand by dalla maturità, oppresso dalla competenza, la responsabilità, la consapevolezza.
C'è bisogno di tornare a camminare di passo svelto e ritmato, almeno un ora al giorno. Porta via le tossine meglio di un litro d'acqua.
C'è bisogno di non essere più "signora" che a esserlo troppo poi quelli che non hanno mai saputo esserlo te lo mettono in...
Ora c'è bisogno che mi alzi da qui e provi a dar vita davvero a tutti questi bisogni.
 
 

venerdì 3 giugno 2016

Scattiscritti "La panca"


Foto di Bartolo Puccia
"La panca" foto di Bartolo Puccia

Nella lentezza del giorno in passaggio si scambiano parole importanti, si ascoltano con il rispetto di chi ne è capace. Hanno memorie da vendere e sogni ancora, da portare a meta. Frasi colorate da aggettivi accesi. Una risata al momento giusto per stemperare un pensiero scuro. Si guardano, e si vedono con gli occhi di ieri, quando i piedi portavano i tacchi della domenica e i capelli la gelatina della festa. Scansano il domandarsi chi per primo lascerà quella seduta antica, da tempo ormai hanno cominciato a contarsi, a ri contarsi di anno in anno.

Davanti a quello che ho colto mi commuovo, resto in disparte, mi proietto in quella loro età che s’avvicina. Non la temo, se così, sarà. 

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