martedì 26 giugno 2018

Mi ritorni in mente...








Mi ritorni in mente, nel quotidiano, mentre percorro pensieri. Mi ritorni in mente, senza preavviso, risento la tua voce, la tua risata, rivedo la tua mole. Non sei mai quello che eri in ultimo, succede solo raramente e solo se sposto ricordo e attenzione. Mi ritorni in mente, nel vano tentativo di credere che, forse, abbiamo tutti sognato. Quando accade che mi ritorni in mente, non mi faccio vedere, lo tengo per me, sfuggo il raccontare che sta avvenendo. Darei dolore a chi più di me ne ha. Mi ritorni in mente perché è un legame che non avrei voluto ci legasse, ora, a te, mi lega. Mi ritorni in mente, e quando succede, se riesco ad andare oltre, ti vedo “là”, insieme a un casino di gente conosciuta da entrambi, "la", arrivata prima. Volendo dare un’immagine a questo luogo, di cui tutti immaginano, ma di cui nessuno può tornare a raccontarci, vedo luce, vedo volti rattristati al primo impatto di accoglierti, vedo abbracci forti, sorrisi sospirati, occhi lucidi per il troppo anticipato arrivo, per l’impossibilità di programmare ripartenza. Mi ritorni in mente e cerco di collocarti accanto a chi, ogni mattina, in mente non mi ritorna ma già nella mia mente sta. Avete la medesima età di atterraggio nella terra dell'altrove e siete insieme lo sento, non può che essere così.  
Mi ritorni in mente, e stasera che sono qui da sola, non nascondo questo tuo tornarmi…



lunedì 18 giugno 2018

Impressioni in penna... Grande successo per le "Tante finestrelle colorate" di Simone Mancini

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…






Grande successo per la Prima personale di pittura di Simone Mancini, Artista in Val di Pesa. Un via vai continuo, nei giorni e negli orari di apertura della mostra e non solo, perché Simone, da bravo padrone di casa, ha cercato di venire incontro a tutti, facendo anche delle aperture straordinarie, così che le sue “Tante finestrelle colorate” sul paesaggio toscano, sui luoghi a lui cari e che lo rappresentano, potessero essere, per l'intera durata della mostra, patrimonio della comunità, prima di tornare tra le pareti del suo studio. Con questa mostra, Simone Mancini ci ha consegnato un po’ di sé: il suo tratto, la sua luce, il suo immergersi nel territorio riportandolo su tela. Tante le impressioni, le emozioni, gli apprezzamenti alla sue opere, lasciati sul quaderno personale dell'artista, quaderno, che non abbiamo dubbi, conserverà gelosamente.

Fino alla prossima mostra 
Fino al prossimo suo riconsegnarsi. 
Con il garbo, la gentilezza e la passione, con cui lo ha fatto.


A Simone e ai suoi dipinti
Pennellate di parole…

Sentì malinconia
Non si fece prendere
Prese il passo e andò.
Quando fu davanti
Gli venne il sole addosso.
Era tra i filari delle vigne
Era raggio che illumina il mare
Era ultimo bagliore al tramonto sull’aia.
Luce lontana sui tetti
Presenza costante sul paesaggio d’estate

Sentì malinconia
Ormai già lontana
Si scaldò di sole
Si fece di luce
Si tinse di colori.
Prese il passo
Andò. 
  Giovanna Vannini
(Artigiana scrittora)


giovedì 14 giugno 2018

In memoria...



Questo post non fa parte di nessuna rubrica fissa. A nessuna di quelle presenti sul blog, farà capo. Non è possibile, non può essere altrimenti. 
Questa foto, queste parole sono per Te
Sono per sempre. 


Resto
Non me ne andrò
Nemmeno quando avverrà disgelo
Ho trovato il mio posto 
Nell’oltre che mi ha accolto
Ormeggiato nei vostri ricordi 
Non salperò
L’ancora resta nel freddo
C’è una luce 
Passa nel buio
Il sereno della notte
Mi accompagna

Foto di Valentina Santecchia

In memoria di David Galeotti






martedì 12 giugno 2018

Scattiscritti (lungo) Gabbiani foto di Roberta Rinaldi

Quella distesa, piatta, turbolenta, frastagliata, le metteva angoscia. Non sapeva nuotare Samantha, avrebbe voluto ma non sapeva. Era tardi ormai. Una sola volta nella vita si era creata l’occasione per imparare. Aveva sette anni e mezzo, la scuola era finita, il corso di nuoto già pagato e costume intero, cuffia e ciabatte, già in suo possesso. Un’epidemia di varicella, forte e purulenta, prese Samantha. La convalescenza fu lunga e le ferie del padre troppo vicine. E con questo, la possibilità di imbattersi davvero in dorso, rana e stile libero, svanì. La sua indole pigra e la sua poca propensione all’acqua, fecero il "non resto" negli anni a venire

Del mare, a Samantha piaceva l’atmosfera. Le piaceva, la sera, restare a guardare l’anziano bagnino Arturo, mentre, dopo aver riordinato sdraio e ombrelloni, setacciava la sabbia andando all'indietro come un gambero. Le piaceva annusarsi la pelle odorosa di salsedine e olio solare. Le piaceva attardarsi sul bagnasciuga, all'ora di pranzo, quando tutti erano già con le gambe sotto ai tavoli, a farsi bruciare dal sole a picco. Le piaceva rientrare da sola alla pensione Flores. Le piaceva l’Immenso senso di libertà di quelle tre settimane di vacanza. 
Tutto avvenne, tutto fu, fino alla fine dell’adolescenza. 

Poi, tra Samantha e il mare, cambiarono i rapporti, ma anche il mare cambiò, si fece grigio, invecchiò il luogo di villeggiatura, svanirono le amicizie. 

Restarono i gabbiani. Quelli li ritrovò sempre, in tutti i mari che vennero dopo, mari lontani, sporadici, vissuti in appendice di viaggio. 
E’ gabbiano Samantha, è in picchiata sull’acqua, per individuato cibo, è in volata nell’azzurro, per ripreso viaggio. 
Sono uccelli solitari i gabbiani, solitari e concentrati, fanno gruppo, ma non condividono. Con occhio attento, dall’alto individuano la preda, con sicurezza certosina su quella si buttano. Non si ammassano i gabbiani, non si spingono, si affiancano. 
Trovarne un altro, che fa la stessa tua strada, è un sostegno.
Per non perdersi, soli.

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Gabbiano in lontananza foto di Roberta Rinaldi 

lunedì 11 giugno 2018

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi Per me Enrico




La politica l’avevo sempre seguita poco. Sapevo come si votava in casa, parlavamo di politica affrontando temi diversi: attenzione verso il sociale, mettere in pratica la solidarietà, rispetto per i più deboli e i diversi. Quando mio padre morì, alla giovane età di 49 anni, tra le sue cose trovammo un quaderno che riportava cifre in denaro generosamente prestate, con tanto di motivazione: per risanare un debito, per dare un po’di ossigeno ad una attività in difficoltà, per comprare una cane da tartufo a un tartufaio. A persone impensabili, erano stati devoluti questi aiuti economici. Qualcuno dopo, venne a dirci, venne a restituire. A nessuno noi chiedemmo. Questo perché, dovevamo sentirci fortunati per ciò che avevamo e per come il lavoro, costante e ben retribuito, ci stava permettendo una vita più che dignitosa. Senza mai dirlo a parole, così, lui, mi ha trasmesso. In casa Mario Vannini prima e Giampaolo Vannini dopo, si votava Partito Socialista, non quello di Craxi, per carità, ma quello di Nenni, di Saragat. Se fosse vissuto quanto gli spettava, all'avvento di Craxi, mio babbo sarebbe passato ad Enrico. Non ho dubbi, potrei giurarlo. Quando ho conosciuto mio marito Marco, ho conosciuto quella politica che si faceva nelle piazze, nelle manifestazioni, nei circoli di base, nelle feste paesane, nei testi impegnati dei cantautori. Marco andava con suo padre Guerrino, la domenica mattina, a distribuire il giornale  "l’Unità", nelle case. Con lui, con loro, ho conosciuto davvero e apprezzato Enrico Berlinguer, un Signore della politica, così discreto, così riservato. Poche parole molti contenuti. Sicuro del suo credo così tanto, da non aver bisogno di enfatizzarlo. Avvicinarsi a Berlinguer fu scontato, naturale, doveroso, necessario. In un famoso pezzo di Giorgio Gaber: “Quando eravamo comunisti”, che per mia immensa fortuna ho sentito per ben due volte interpretato dalla grande Mariangela Melato, c’è questo passaggio: “…Ero comunista, perché Enrico Berlinguer era una gran brava persona…” Ecco, potrei fermarmi anche qui. Troppo pochi gli anni che ho avuto per apprendere di lui, per entrarci in confidenza. Per me resta e resterà per sempre, uno dei migliori uomini politici avuti, al di là di come la si pensi. Strumentalizzare la figura di Enrico Berlinguer, come troppo spesso avviene, è un atto vile, sconsiderato, irrispettoso, da qualsiasi parte avvenga. Rivendicare il suo pensiero e la sua posizione, in pensieri o posizioni di oggi, pure.

Ricordo come fosse adesso, l'aria che si respirava alla Festa dell’Unità di Firenze, alle Cascine, pochi mesi dopo la sua morte. Tutto, era un omaggio a lui e persino la confusione tipica della manifestazione, sembrava scusarti per esserlo. Ricordo le rinnovate lacrime condivise con Marco, davanti al maxi schermo che rimandava le immagini del suo funerale. Le riprese dall'alto mettevano commozione e paura, per quella Roma oceano di gente, arrivata da ogni angolo recondito d’Italia. Mio suocero c’era, fu presente, faticò a raccontare e ancora fatica a farlo. 
Caro Enrico, non posso che ripensarti con stima e affetto, per quello che di te dentro me è rimasto: la tua impronta politica, il tuo modo gentile di farla, il tuo timbro di voce discreto. Chissà cosa, chissà come…Aldo Moro e te. Nulla di mai visto, mai sarà visto. 
Resta un’immaginare, un’utopia. 
Mentre nel mare, si aspetta un porto. 

Ciao Enrico…

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sabato 9 giugno 2018

Pit Stop E' finita!!!




Sono speciali i giorni che stanno addossati alla fine della scuola, qualcosa di irripetibile, non immaginabile, irrinunciabile. Si dimentica tutto: come è andato l’anno scolastico, se avrò da rimediare, piangerò o riderò sui voti in pagella. Quel che è fatto è fatto, il dopo prossimo, non può che essere il meglio del meglio in arrivo.Uno stato di incoscienza, una bolla da cui non voler più uscire, una libertà da farti apprezzare al massimo anche il minimo. Persino le antipatie messe insieme durante nove mesi di convivenza di classe, spariscono, in quel boato che sta nell'ultimo suono di campanella. Adorabili diventano gli insegnanti, simpaticissimi i bidelli. Un inno all'amore, un Peace&Love da figli dei fiori.

Tutto è soffio, una ventata, un empirico momento condiviso, un fuggente attimo che alla prima partenza di un uno, per mari, monti, o luoghi nuovi da scoprire, finisce, si annienta, sfuma. In attesa dei giorni addossati al rientro.
Immaginabili, ripetibili, rinunciabili.

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giovedì 7 giugno 2018

Pit Stop Palazzuolo sul Senio, seconda 2018





I luoghi della memoria possono stare nel cammino che s’intraprende una mattina. Non sai, quando prendi il passo, che andrai a trovarli. Arrivano dopo i luoghi della memoria, quando ti accorgi, camminando, che sono in quella direzione. Non li vedi ancora ma già li senti e nel raggio di pochi chilometri li ritroverai, dove davvero stanno. Piedimonte, riporta il cartello stradale. I sensi si attivano: immagini nitide, volti, voci, suoni e ieri torna in oggi. Rallenti, ti attardi, il passo si adegua al ritmo del pensiero, il sudore della schiena bagna lo zaino che la copre. Percorri. Il viottolo va in campo, ti fermi. Un cancello improvvisato, fatto con due assi di legno incrociate tenute insieme col fil di ferro, vorrebbe mettere la fine al tuo ritrovamento ormai vicino; di luogo, di memoria. Rischiando di trovare un cane in agguato o un umano in assetto, prosegui. Nulla di tutto questo, solo ciò che sapevi ci fosse c’è: una casa abbandonata, una rimessa, alcuni attrezzi che raccontano presenza ma non ora. Mentre indichi e sosti, la tua memoria va in voce:

“ Qui mettemmo il carrello tenda, qui c’era il motorino e fu appoggiato il fantoccio e il motorino, per fare lo scherzo allo zio Bruno. No, non è questa la finestra che dici te, quella della foto era più piccola. Saranno passati 40 anni, Selene era già nata? Si, piccola però. Sarà stato il ’76, il ’77 o giù di lì. Scatti due foto con il cellulare, immediatamente vanno in rete. Un susseguirsi di commenti,di ipotesi sul che anno era? E il fu sembra ora. Quando riprendi a ritroso la via del ritorno, la fanciullezza lascia il posto ai capelli diradati. Fai la conta di quelli che mancano. Ma non dei capelli. Quando ripassi davanti al cartello Piedimonte, sono quasi due ore che cammini, lo dice anche la voce di Endomondo. Le campane battono “il tocco”, il Santuario della Madonna delle Nevi di Aquadalto, è lì, avamposto all'entrata del paese, “benvenuto” per chi tornava un dì; da troppo lontano, da molto tempo. 



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mercoledì 6 giugno 2018

Pit Stop Un colpo di tosse




Tra un colpo di tosse e l'altro ( allergia, allergia canaglia) non finisco mai di stupirmi della gente. Quando mi rendono invisibile provo pena. Non per me ma per loro. Molti hanno bisogno, necessità, di sentirsi al centro, di dimostrare se stessi per un nulla o per un di più. Inseguono la continua ribalta per potersi dire: Bravo! Ci ho provato, poco, ma ci ho provato, ad abbassarmi a questa human competition ma non ce l'ho fatta. Son contenta. Un passo indietro, anche due se possibile, chi sa e fa, lo avrà riconosciuto senza farlo da solo. Resterà. " Loro andranno, noi resteremo" E' un "motticino" inventato da me, rende bene l'idea, o almeno, a me la rende. 
Quando dico, anzi scrivo, che per me la scrittura è un'urgenza...
Ecco appunto! :) :) :)

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lunedì 4 giugno 2018

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi Susanna




Se le lacrime spariscono o restano annidate dentro agli occhi, non significa. Dolore, presenza, assenza, restano, vivono, si rinnovano in ogni giorno. Un pensiero che si affronta, un ricordo che ti sveglia, un rimpianto che non lascia spazio al sonno. Quando qualcuno è stato qualcuno, ha seminato in noi, ci ha consegnato vuoti e pieni che mai potranno trasformarsi gli uni negli altri. Il tempo è solo tempo, acquieta, infuoca, passa ma non guarisce. Gli anni non contano, conta l’equilibro che in quelli si riesce a raggiungere. Non un traguardo, né un obiettivo, solo un’altalena di stati d’animo. 


Susanna pianse molto e con lei lo fecero gli altri. Lacrime senza rumore, non bagnavano gli occhi ma si sentivano e si vedevano. 
Smarrimento. 
Lo smarrimento ha il suo rumore e Susanna aveva il suo. Profondo, tonfo, senza clamore. Se non sai non puoi capire ciò che le è accaduto. Dignitosa Donna, dalle essenziali parole e da un sorriso in consegna nonostante. Starle accanto con discrezione, solo se richiesto. Così devi porti se desideri esserci. Ingombrare in eccessiva presenza lo spazio di chi ha sempre vissuto in penombra, disturba, anche se non detto per innata mitezza.




sabato 2 giugno 2018

Pit Stop Palazzuolo, prima 2018


Ritorno a Palazzuolo sul Senio. Conoscere due persone incontrate su facebook, un pranzo frugale consumato sul camper sotto le frasche degli alberi, un pisolino, una camminata di 10 chilometri sul sentiero 10, segnalato sulla mappa sentieri reperita alla Pro Loco del paese. E anche se sudati e un poco affaticati, facciamo sosta alla Chiesa di Sant'Antonio, dove e' allestita, a cura dell'Associazione Amici del fiume Senio, una mostra fotografica al fiume dedicata. Al socio volontario presente all'interno della mostra, chiedo di associarmi, perche' : " anche se lontana mi fa piacere contribuire, sostenere". Due chiacchiere interessanti, una bella spiegazione per apprezzare maggiormente cio' che vedo, qualche riflessione sul perche' questo borgo dal dialetto romagnolo in provincia fiorentina, non sia piu' frequentato come un tempo. 


A una bottega prendiamo mezzo chilo di pane e a passo lento torniamo verso il camper. Ci aspettano relax e frescura. 
Ha fatto buio, i grilli cantano e il cielo va in stelle. Io scrivo... 
Viva la tecnologia! 
E' il tablet di David...
Sempre con noi.
Sempre e per sempre...



Fiume Senio Palazzuolo sul Senio Foto di Marco Galeotti 

Fiume Senio tra Quadalto e Palazzuolo foto di Marco Galeotti