lunedì 26 novembre 2018

Impressioni in penna...Il giro dell'oca Erri De Luca




Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…





Non è la prima volta che scrivo che i libri di Erri De Luca, dovrebbero essere letti in ordine di uscita, o almeno giù di lì…Perché è cosa quasi naturale che ciò avvenga, lo senti, hai la necessità, il bisogno, che così sia. E questo suo ultimo” Il giro dell’oca”, per me ne è conferma. “Il libro più intimo di Erri De Luca”, cita la terza di copertina e io non posso che partire da questa citazione, che in pieno condivido, per scrivere le mie ennesime impressioni in penna, su questo autore che adoro. Con Erri nessuna via di mezzo o mezze misure: o ti piace e fai tuo il suo, o l’esatto contrario. Io sto col primo e mi crogiolo nella melodia, nel suono, dei suoi passaggi in scrittura, brevi, ma pregni di tutto ciò che serve, per consegnarti, in parola scritta il suo pensiero, che molti altri avrebbero fatto durare pagine. Per me la forza di Erri De Luca, sta proprio in questo: essenza e polpa dello scrivere e Il Giro dell’oca a parer mio, ne è l’emblema.



Un monologo iniziale per aprire la strada, per tracciare il cammino e il passo del libro, un dialogo aereo che conduce la trama, fatta di domande e risposte tra un sé e un altro sé, come a volersi mettere a riparo da qualche senso di colpa venuto a picchiettare, da qualche scelta troppo convinta, non da rimettere in discussione, ma da rifletterci ora, in virtù di altre, più forti, fatte a suo tempo. Un figlio mai nato nel reale, ma nato nell'intimo, un raccontarsi da padre e da figlio, tra figlio e padre, da figlio di padre, ma più di ogni altra cosa, un mettersi a nudo davanti a se stesso senza replica. Ho letto facendo notte, la luce bassa per non disturbare il sonno altrui, solo le braccia e le mani fuori dalle coperte, per reggere il libro, sfogliarne le pagine. Addosso la solita emozione “alla Erri”, quella che mi fa essere lettore al centro della storia, che mi lascia un’immaginare tutto mio, una mia interpretazione di ogni singola frase e ben oltre quella. Il sotto testo dei libri di Erri è un altro libro che insieme si legge. Sottolineo, accade ogni volta, tornerò a rileggere col fiato corto e la luce negli occhi, quei passaggi che sottolineai e che son miei, che mi appartengono, mi apparterranno. Non importa, ad Erri, della folla lettrice, né delle classifiche, lui consegna quando arriva il suo tempo di farlo e rifarlo, per partecipazione alla vita in veste di scrittore, quando ha voglia in quella veste, di sentirsi. Altrimenti altro fa, con medesimo piacere. Se non lo vuoi non lo compri, sugli scaffali delle librerie c’è sempre molta scelta, pure troppa. 

Lui c’è nella mia libreria, finché lui vorrà…


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Pit Stop L'Ultimo Imperatore...




Se ne vanno e non ne ce ne saranno altri come loro. Lasciano il terreno per mettersi alla regia, ancora e ancora, nel luogo in cui gli hanno chiamati. 
Caro Signor Bernardo,
cosa si può scegliere tra tutta la bellezza che ci ha consegnato, cosa mettere per primo, cosa dopo?...
Impossibile, quando uno ci lascia un'eredità di capolavori, una vita dedicata all'arte della cinematografia più alta, più emozionante, più...superiore! 
Lei ha curato tutto, stando dietro, accanto, davanti, alla sua macchina da presa. Nulla al caso, per consegnare perfezione. Sempre. 
Non riesco a immagine vi sia qualcuno che non abbia visto almeno un suo film. Personalmente non li ho visti tutti, ma, quelli visti, li ho visti e rivisti, da ricordarmene " i piani sequenza". 
E poi la LUCE, Signor Bertolucci, la sua luce, unica, accurata, precisa, che in una delle sue magnificenze come L'Ultimo Imperatore, già da sola tutto raccontava. 

Grazie per averci reso meno aridi, per averci tenuto alta l'attenzione, battente il cuore, nutrito lo spirito. 







domenica 25 novembre 2018

Impressioni in penna L'Intrepido ( Antonio Albanese anno 2013)

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…


Perché i film come i libri, non hanno data di scadenza...


Caro Antonio, ieri sera abbiamo visto il tu " L'intrepido", pellicola datata anno 2013. I film come i libri, non hanno data di scadenza. Seduti sul divano, silenzio assoluto, occhi piantati sullo schermo. Immobile era anche tutto il resto, perché questo tuo film lo richiede, lo vuole, lo esige, per entrarci dentro, per farti vedere e sentire oltre quello che si vede e si sente. Poetico, struggente, attuale, forse più attuale oggi di quando uscì, o forse, la tua sensibilità, il tuo occhio attento sul mondo, il tuo calibrare su ogni reale personaggio, ti portò ad anticipare i tempi. Insomma Antonio, un film di quelli che non tutti avranno visto e capito, forse per pochi e non per tutti, o "da addetti ai lavori", come dice mia mamma cinefila e melomane, un racconto tenero ma non retorico, tra l'impossibile e il possibile, come tutte le situazioni paradossali in fondo lo sono. Tu... GRANDE! Nella tua camminata, nei tuoi silenzi, nelle tue parole sussurrate, nelle tue espressioni mai eccessive, sempre precise. 
Si vive il film ragionandoci sopra, si respira piano come piano vanno i fotogrammi, si resta zitti, ben dopo i titoli i coda. 
Grazie Antonio

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mercoledì 21 novembre 2018

Pit Stop Ascoltando, improvvisando... The Dream Machine di Pietro Noccioli



Volo leggera, non mi sorprendo del fatto che volo. Sarà un itinerario nell'aria, una rotta che ancora non prevedo, lascerò alle nuvole di suggerirmi il tracciato e al sole di indicarmi in luce, la via. Non volo troppo in alto, non ce n'è bisogno, sono nel su, nel quanto basta per vedere il sopra, per sbirciare il sotto. Intanto le braccia hanno ritmo, il ritmo di queste note che mi accompagnano nell'impresa, che fu di Leonardo, che vorrebbe di ogni uomo essere... 
Ecco, piano scendo di quota, si fa vicina la terra e l'odore di strada mi ritorna nelle narici. Il piede si posa, il fiato si appisola...


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giovedì 8 novembre 2018

Scattiscritti Erika foto di Dirk Peschen



Fu un caso, che catturai Erika così pensierosa, lei, che i pensieri schiacciava come si fa con una vespa intontita prima che si riprenda. Sì, fu un caso, un evento eccezionale che volle donarmi. Mai seppe però, né della sua espressione catturata, né del mio considerarmi onorato per averla impressionata in uno scatto. 
Ci rivedemmo a rughe segnate, a capelli diradati e qualche chilo di troppo. Io solo portavo quei segni. Lei no, lei ancora schiacciava i pensieri...

I caught Erika so wistful by chance.She crushed her thoughts, as we do with a stunned, it has been by chance, an extraordinary event she wanted to give me. But never did she know about her look being venerated for having caught her in a shoot.
We met up again with marked wrinkles, fewer hair ad some extra kilos. It was just me who brought the marks, not her,who was still crushing her thoughts...

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Foto di Dirk Peschen

lunedì 5 novembre 2018

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi Dal tramonto ad...Alba

(storia a quattro mani di Francesca&Giovanna)


Non sapeva cosa avrebbe fatto da quel giorno di luglio. Aver saputo di perdere il lavoro così in fretta non le diede tempo di pensare ma quella fu solo una fortuna. Sapeva guardare oltre. Oltre la linea dell'orizzonte.
E allora seppe, seppe che poteva inventarsi ancora, che ciò di cui si era “fatta” per sopravvivere alla vita, poteva spenderlo finalmente, per dimostrarsi quanto di buono il lei ci fosse. Alba era il suo nome, ringraziò sua madre e suo padre per averglielo dato, solo due giorni dopo la sua nascita, perché nessuno delle famiglie di entrambi, gradiva quella scelta e un altro nome aveva da proporre. Testardi i suoi genitori, testardi e fieri, non ascoltarono nessuno e Alba fu. 

Alba si levò le scarpe umide di pioggia, accese la stufa e mise il bricco dell'acqua sul fuoco. Dalla finestra di cucina, la luce del tramonto tingeva di altri colori le pareti, l'angoliera in legno dei nonni e la piattaia. Tutto era rosso e arancio. Sembrava potesse prendere fuoco da un momento all'altro. Il fuoco scoppiettante nella stufa, l'acqua che bolliva nel bricco, facendolo tintinnare leggermente, erano l'accompagnamento ideale per gustarsi al meglio la tisana di spezie. L'aroma pungente non tardò a riempire la stanza. Alba guardava salire verso l'alto i disegni del vapore. La tazza pareva un calderone magico. Un fiore, il drago, la balena.
Tolse il bricco dal fuoco, prese la tazza, quella di porcellana bianca, fine, col righino dorato, unica rimasta del servito di nonna Olga. Il piattino non aveva resistito, se ne era andato da tempo frantumato in tre pezzi, quel giorno, che più arrabbiata del solito, Alba lo aveva maldestramente estratto dalla lavastoviglie, consegnando tutta la sua ira alle sue mani. Non mise zucchero, né miele nella tisana, l'aroma delle spezie e il suo sapore preciso, non volevano altre aggiunte. Sedette, soffiando sul liquido caldo, sorseggiando a fior di labbra per non scottarsi. Intanto il vapore con i suoi disegni: il fiore, il drago, la balena, si erano fermati nei pensieri, reclamavano di uscire. Appoggiò la tazza, si guardò intorno con sveltezza cercando. Da qualche parte sapeva che 'cerano fogli, colori e una matita, per quel tutto di sé abbandonato un giorno. 
Prese il rosso, l'arancio e disegnò il drago che aveva le sembianze di un uccello infuocato con le piume al vento della tempesta. Una goccia di tisana sul foglio di carta sparse colore. Alba si apprestò a tamponare il disegno che per un attimo parve dissolversi. Stupore! Un fiore si era impossessato del foglio. Le scarpe erano ormai asciutte. L'aria pungente invitava ad una nuova uscita. 
Alba camminava ora lenta tra i filari dalle colorate foglie. Cantava. Un canto liberatorio. Un canto antico le sgorgò dal cuore e si propagò nell'aria. L'eco le rispose e Alba capì. Comprese il senso di tutto ciò. Lo zampillo della balena, uscito dalla tazza, era il segno. L'inizio di un nuovo percorso.

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venerdì 2 novembre 2018

Pennellate di parole...In incognita


Eduard Hopper 1965 Lettrice in treno 





La stazione centrale di Berlino era appena passata. Il convoglio aveva ripreso il suo viaggio attraverso il tramonto. Quando il capotreno avrebbe annunciato la prossima fermata, sarebbe stato notte fonda. Tra cinque ore Varsavia. Mi persi, mi immersi, feci finta: di leggere, di capire, di memorizzare. Sotto la tesa larga del cappello chiusi gli occhi, cercando di nascondere il sopraffare del sonno e quella sensazione diffusa di torpore che mi stava assalendo. Non volevo però lasciarmi andare del tutto, mi dava fastidio il pensiero di essere svegliata dal controllore qualora fosse passato, o dalla voce garbata del cameriere che m’invitava, se volevo, a prendere posto nella carrozza ristorante, per un drink o una cena leggera. Dieci minuti, quindici al massimo di sonno, poi avrei ripreso il controllo, letto davvero, capito anche, memorizzato pure. A Varsavia mi aspettavano una camera d’albergo di terz'ordine, un mese di prove intense non pagate, venti rappresentazioni al Polish Theatre, da confermarsi solo se le prime tre avessero riscosso successo. Altrimenti stop, fine, si smonta, si torna a casa, senza diritto di replica. A quanto avrebbe ammontato il mio compenso per quel ruolo da protagonista, non lo sapevo. Tra me e l’impresario della compagnia, del quale conoscevo solo la voce, per averlo sentito al telefono una sola volta e per pochi minuti, l’argomento denaro non era stato sfiorato. Non per i soldi avevo accettato la parte e nemmeno per accrescere la mia notorietà. Ero già ricca dell’uno e dell’altro. Per sfida, scommessa, curiosità, paura, smisurata autostima. Solo per questo.
Io Rita, io la Rossa, l’esplosiva, l’amante desiderata, la femmina che accende, magnetizza, sceglie, scarta, riprende, da sei ore e venti minuti (il tempo che aveva impiegato Tomas Bird,miglior truccatore scenico americano) ero Erika Moon, fantomatica attrice appena uscita dall'accademia. 
No, Tomas non mi aveva imbruttita, questo non glielo avevo permesso, solo cambiata, accentuando il naso, gli zigomi, la bocca, il mento. Di tutta quella sfida, questa era la cosa più dura da sopportare. Viaggiavo in incognita, sotto trucco scenico. Viaggiavo per un altro viaggio ancora sconosciuto…

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giovedì 1 novembre 2018

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi Senza pretese





Non dovresti immaginare disse
Non dovrei ascoltarti rispose
Pioveva, non lo faceva da tempo, ce ne era bisogno, lo ripetevano tutti. 
Si fecero il primo tè d'autunno.  
Non inzuppi i biscotti? disse
Non ti fai mai gli affari tuoi? rispose
Diluviava ora, faceva rumore sui vetri, dovettero alzare il volume della televisione, accesa e ignorata, ma che per copione di domenica uggiosa, così doveva essere.  
Non so da chi andare a tagliarmi i capelli... disse
Lo dici tutte le volte, non so quante volte lo hai detto... rispose
Di botto aveva smesso di piovere, un raggio di sole annacquato, uno squarcio di azzurro nel grigio. Erano già le 18:30 e non ci sarebbe stato il tempo perché asciugasse in terra prima di notte. 
Stasera che si mangia? disse 
E’ presto per pensarci rispose
Un vento strapazzone prese a soffiare, si rovesciarono le sedie in giardino, suonò l’allarme della vicina, anche il gatto, che da tre ore dormiva nella sua cesta, aprì gli occhi, alzò la testa infastidito. Poi, riprese il suo sonno.
Ri piove, non forte come prima ma ri piove disse
Lo vedo rispose
Il tramonto fu un tramonto senza lode, peccato, di solito il cielo non delude. 
Accesero la luce sul tavolino accanto al divano. Avevano entrambi già messo i pantaloni lunghi della tuta, i calzini e le scarpe da ginnastica. Abbigliamento da casa autunnale, in anticipo sul calendario. 
Che scrivi? disse
Un raccontino senza pretese rispose


Scattiscritti Ragazzi foto di Cristina Masoni







Il bello della vita è la vita. Non sai come sarà, quanta ne avrai in dotazione, quali scelte di metterà di fronte, quali e quanti salvataggi ti offrirà. Nelle attese in consegna, nelle speranze in crescita, nel passato vissuto, nel futuro non immaginato.
Il bello della vita è la vita. Sedettero insieme, insieme presero posto, forse insieme se ne andranno. 
Intanto è tempo di sorrisi e ricordi, di storie narrate per l'ennesima volta, di tristezze messe da parte per non intristirsi.
L'un l'altro appoggiati. 
I bastoni son solo una scusa...

Foto di Cristina Masconi