martedì 6 maggio 2014

Pennellate di parole... Parole nella rada...




 
Claude Monet 1875
     Le barche rosse, Argenteuil
     olio su tela Musée de l'Orangerie,  Parigi
 






“Come ti senti?” –le chiese- 
“Non mi sento e penso” – aggiunse- 
“A cosa?” - continuò a domandare- 
“Penso che ho quarant'anni e molta vita davanti. Penso a quelle novantenni ancora proiettate nel futuro, stuzzicate dalle curiosità, dispensatrici di consigli. Se penso a tutto questo mi sento perduta! Io, che alla vita mi nego, con il respiro corto e l’ansia che mi avvolge. 
Il sole è già alto nel cielo, deve esser mezzogiorno, l’aria fragranza di cucine. Vorrei tornare a dormire, a lasciarmi cullare dal sonno, fino alla notte di domani notte. 
Le scadenze dei giorni mi si stringono addosso. Nemmeno il lavoro, mio fiore all'occhiello un tempo, mi soddisfa più. Si, lo ammetto, sto lasciandomi andare, e quando mi spingo fuori da queste acque è qui che desidero in fretta tornare. Sono stanca, stanca delle mie debolezze, del non essermi saputa mostrare come avrei desiderato, come davvero sono. La vecchiaia?...Mi auguro che non si consumi. Vedi quel gabbiano? Oh...potessimo scambiarci i ruoli, le sembianze, i pensieri, ammesso che egli ne abbia. Meglio, meglio per me se non ne ha. Parlo con te e vorrei scrivere quello che ti dico, scaraventarlo su una pagina bianca senza correggerne gli errori. Tanto chi leggerebbe?...Mica posso tediare con le mie stupide elucubrazioni chi di certo avrà le sue?...
Ecco, ora nella memoria si affaccia il verde e il marrone di una gola di montagna. Un’aquila fiera e maestosa la sorvola. Mi guarda, mi invita al volo, insieme in picchiata in mezzo a quella gola. 
 Aspettami le grido, aspettami! Mai la raggiungo. 
Ho costruito da sola le mie catene, da sola ho piantato paletti intorno a me. Devo fare qualcosa, non credi? Almeno per chi con amore mi accompagna. E’ un male oscuro il mio, in tanto lo hanno, in pochi sanno riconoscerselo. Io ho imparato, e quando arriva più forte, quando si insinua potente, quando non vuole mollarmi, cerco un rifugio, una rada sicura dove la mia anima in subbuglio trovi pace. 
Basta, mi fermo, sono stanca, mi riassetto, mi resetto, perché ben altro di me dovrà passare di questa giornata."
“Come ti senti ora?” - di nuovo le chiese- 
“Come prima” – accennando un sorriso rispose- 
“Ho soltanto vomitato un po’ di rabbia fuori dal mio involucro” – proseguì prendendosi un po’ in giro- 
“Tanto le altre continueranno a vedere, carpire e tenere, solo ciò che di me gli fa comodo…”

La osservò ora tacendo. Sospinta da una folata di brezza arrivatale  in soccorso, il fianco s'appoggiò al suo...


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