lunedì 31 dicembre 2018

Scattiscritti Discorsi foto di Antonietta Adamo testo di Giovanna e Francesca



Eppure già si allunga...
Cosa? -disse in un soffio in parola- 
Il giorno- rispose- con gli occhi appoggiati sulla stoffa leggera. 
Per un po' poi, nessuno dei due disse nulla. Ognuno nel suo silenzio complice, quello che solo chi s'ama da tempo, sa dividere e condividere per farsi del bene. 

Riprese... 
Sono felice che vada... 
Cosa?... 
L'anno 
Hai ragione 
Dovrò ricordarlo e rimpiangerlo comunque... 
Nessun anno si scorda, a meno che non lo voglia 
E io non voglio... 
Intanto il sole calava.... 
È bello farsi culla in noi stessi. Giocare con le parole ma il silenzio talvolta ha il profumo di tanti profumi. Odora di terra e cielo, del giorno e della notte. A fine anno puoi mettere un seme speciale in te. Deporlo in quel breve tempo dell'allungo del giorno... Questa è luce giusta per farlo. Hai la mia parola. 
Ho la tua parola... Dopo tutte queste tue, tu una mi consegni...Luce 

Fu ancora silenzio, di parole saturo, di Luce illuminato. 
Si avvicinarono sorridendo, si scambiarono carezze sulle guance. 
Poi venne la notte dell'ultimo giorno dell'anno. 
Il dopo, è un'altra storia...


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Luci d'inverno! foto di Antonietta Adamo 




sabato 29 dicembre 2018

Impressioni in penna... Sogniamo più forte della paura di Saverio Tommasi

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…



Caro Saverio, 
avrei voluto scriverle prima ( il suo libro era già in mano mia, pochi giorno dopo la sua uscita) ma altri impegni me lo hanno impedito. Se fossi ancora presente nella vostra dimensione, le proporrei una prossima avventura letteraria a quattro mani, tanto nel suo narrare, il mio ho trovato. Nonostante gli anni trascorsi e la mia assenza ormai datata, nel suo leggerla ahimè capisco, che le cose, e le pieghe delle stesse, hanno preso altri nomi e altre pieghe ma son sempre” bruttaralle” assai lo stesso. Il sopruso, la diversità, l’ingiustizia, la bellezza del pensiero libero, espresso in libere parole, ostacolato da tutto il suo contrario. Una realtà che si ripete raccontata in favola, perché arrivi a piccini e grandicelli, perché "i grandi" faccia riflettere. So ( perché mi tengo informato anche da qui) che le mie poesie, i miei racconti, continuano a girare nei libri, continuano a essere lette nelle scuole e nelle case, perché si dice, che nonostante la loro data di nascita, continuano a consegnare messaggi mai fuori moda. Ecco, caro Saverio, io credo che la storia della sua Filadelfia e di tutti i personaggi non a caso, che nulla al caso raccontano, così precisi nel loro descriversi, per farci vedere e conoscere il variegato genere umano, non sempre migliore ma sempre autentico… dovrebbero avere lo stesso buon destino delle mie poesie, dei mie racconti. Mi creda, non è piaggeria la mia, ma sincerità tra scribacchini ( insomma…scrittori via!) Mi son segnato delle riflessioni su alcune pagine, su alcuni passaggi, magari li riunisco più in là e poi glieli faccio avere. Adesso mi stanno chiamando, devo lasciarla caro Saverio, ma ci risentiremo appena possibile. E per tutto il resto del suo impegno oltre lo scrivere… non si arrenda, non molli, non abbandoni, anche quando lo stomaco le si chiude e la rabbia padroneggia il suo involucro. 
Con stima 
Gianni Rodari 


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mercoledì 26 dicembre 2018

Pit Stop Intrecci




Non c’è nessuna linea tra la vita e la morte, nessuna distanza o distacco. E’ un intrecciarsi vicendevolmente. Esserci non esserci…siamo qui quelli che siamo, siamo lì quelli che in un’altra dimensione stanno. Si vedono volti, si sentono voci, si recepisce presenza, basta solo essere predisposti all'ascolto. Ma forse non è nemmeno questione di questo. E’ proprio che vita e morte hanno le mani tese e le dita che s’intrecciano. E’ un continuare per proseguire, dove il destino ha fermato. Non mi pongo il problema di essere capita, non mi interessa. Sono riflessioni notturne di una notte dormita per metà, quando il buio e il silenzio conducono senza manovratore, il movimento del pensiero.
Nella luce del giorno ripensi, tieni e scarti. Tutto senti. Un perenne e progressivo sentire ti accompagna. Fai parte di quelli che faticano a stare a galla e abbisognano di immergersi tra i fondali, fino dove il fiato e la spinta, riescono a portarli. Intrecci di vita e di morte, si sciolgono quando la luce squarcia, si calamitano a vicenda quando il buio tutto riagguanta. Ognuno la pensi come vuole. Io così la penso.


lunedì 26 novembre 2018

Impressioni in penna...Il giro dell'oca Erri De Luca




Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…





Non è la prima volta che scrivo che i libri di Erri De Luca, dovrebbero essere letti in ordine di uscita, o almeno giù di lì…Perché è cosa quasi naturale che ciò avvenga, lo senti, hai la necessità, il bisogno, che così sia. E questo suo ultimo” Il giro dell’oca”, per me ne è conferma. “Il libro più intimo di Erri De Luca”, cita la terza di copertina e io non posso che partire da questa citazione, che in pieno condivido, per scrivere le mie ennesime impressioni in penna, su questo autore che adoro. Con Erri nessuna via di mezzo o mezze misure: o ti piace e fai tuo il suo, o l’esatto contrario. Io sto col primo e mi crogiolo nella melodia, nel suono, dei suoi passaggi in scrittura, brevi, ma pregni di tutto ciò che serve, per consegnarti, in parola scritta il suo pensiero, che molti altri avrebbero fatto durare pagine. Per me la forza di Erri De Luca, sta proprio in questo: essenza e polpa dello scrivere e Il Giro dell’oca a parer mio, ne è l’emblema.



Un monologo iniziale per aprire la strada, per tracciare il cammino e il passo del libro, un dialogo aereo che conduce la trama, fatta di domande e risposte tra un sé e un altro sé, come a volersi mettere a riparo da qualche senso di colpa venuto a picchiettare, da qualche scelta troppo convinta, non da rimettere in discussione, ma da rifletterci ora, in virtù di altre, più forti, fatte a suo tempo. Un figlio mai nato nel reale, ma nato nell'intimo, un raccontarsi da padre e da figlio, tra figlio e padre, da figlio di padre, ma più di ogni altra cosa, un mettersi a nudo davanti a se stesso senza replica. Ho letto facendo notte, la luce bassa per non disturbare il sonno altrui, solo le braccia e le mani fuori dalle coperte, per reggere il libro, sfogliarne le pagine. Addosso la solita emozione “alla Erri”, quella che mi fa essere lettore al centro della storia, che mi lascia un’immaginare tutto mio, una mia interpretazione di ogni singola frase e ben oltre quella. Il sotto testo dei libri di Erri è un altro libro che insieme si legge. Sottolineo, accade ogni volta, tornerò a rileggere col fiato corto e la luce negli occhi, quei passaggi che sottolineai e che son miei, che mi appartengono, mi apparterranno. Non importa, ad Erri, della folla lettrice, né delle classifiche, lui consegna quando arriva il suo tempo di farlo e rifarlo, per partecipazione alla vita in veste di scrittore, quando ha voglia in quella veste, di sentirsi. Altrimenti altro fa, con medesimo piacere. Se non lo vuoi non lo compri, sugli scaffali delle librerie c’è sempre molta scelta, pure troppa. 

Lui c’è nella mia libreria, finché lui vorrà…


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Pit Stop L'Ultimo Imperatore...




Se ne vanno e non ne ce ne saranno altri come loro. Lasciano il terreno per mettersi alla regia, ancora e ancora, nel luogo in cui gli hanno chiamati. 
Caro Signor Bernardo,
cosa si può scegliere tra tutta la bellezza che ci ha consegnato, cosa mettere per primo, cosa dopo?...
Impossibile, quando uno ci lascia un'eredità di capolavori, una vita dedicata all'arte della cinematografia più alta, più emozionante, più...superiore! 
Lei ha curato tutto, stando dietro, accanto, davanti, alla sua macchina da presa. Nulla al caso, per consegnare perfezione. Sempre. 
Non riesco a immagine vi sia qualcuno che non abbia visto almeno un suo film. Personalmente non li ho visti tutti, ma, quelli visti, li ho visti e rivisti, da ricordarmene " i piani sequenza". 
E poi la LUCE, Signor Bertolucci, la sua luce, unica, accurata, precisa, che in una delle sue magnificenze come L'Ultimo Imperatore, già da sola tutto raccontava. 

Grazie per averci reso meno aridi, per averci tenuto alta l'attenzione, battente il cuore, nutrito lo spirito. 







domenica 25 novembre 2018

Impressioni in penna L'Intrepido ( Antonio Albanese anno 2013)

Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…


Perché i film come i libri, non hanno data di scadenza...


Caro Antonio, ieri sera abbiamo visto il tu " L'intrepido", pellicola datata anno 2013. I film come i libri, non hanno data di scadenza. Seduti sul divano, silenzio assoluto, occhi piantati sullo schermo. Immobile era anche tutto il resto, perché questo tuo film lo richiede, lo vuole, lo esige, per entrarci dentro, per farti vedere e sentire oltre quello che si vede e si sente. Poetico, struggente, attuale, forse più attuale oggi di quando uscì, o forse, la tua sensibilità, il tuo occhio attento sul mondo, il tuo calibrare su ogni reale personaggio, ti portò ad anticipare i tempi. Insomma Antonio, un film di quelli che non tutti avranno visto e capito, forse per pochi e non per tutti, o "da addetti ai lavori", come dice mia mamma cinefila e melomane, un racconto tenero ma non retorico, tra l'impossibile e il possibile, come tutte le situazioni paradossali in fondo lo sono. Tu... GRANDE! Nella tua camminata, nei tuoi silenzi, nelle tue parole sussurrate, nelle tue espressioni mai eccessive, sempre precise. 
Si vive il film ragionandoci sopra, si respira piano come piano vanno i fotogrammi, si resta zitti, ben dopo i titoli i coda. 
Grazie Antonio

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mercoledì 21 novembre 2018

Pit Stop Ascoltando, improvvisando... The Dream Machine di Pietro Noccioli



Volo leggera, non mi sorprendo del fatto che volo. Sarà un itinerario nell'aria, una rotta che ancora non prevedo, lascerò alle nuvole di suggerirmi il tracciato e al sole di indicarmi in luce, la via. Non volo troppo in alto, non ce n'è bisogno, sono nel su, nel quanto basta per vedere il sopra, per sbirciare il sotto. Intanto le braccia hanno ritmo, il ritmo di queste note che mi accompagnano nell'impresa, che fu di Leonardo, che vorrebbe di ogni uomo essere... 
Ecco, piano scendo di quota, si fa vicina la terra e l'odore di strada mi ritorna nelle narici. Il piede si posa, il fiato si appisola...


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giovedì 8 novembre 2018

Scattiscritti Erika foto di Dirk Peschen



Fu un caso, che catturai Erika così pensierosa, lei, che i pensieri schiacciava come si fa con una vespa intontita prima che si riprenda. Sì, fu un caso, un evento eccezionale che volle donarmi. Mai seppe però, né della sua espressione catturata, né del mio considerarmi onorato per averla impressionata in uno scatto. 
Ci rivedemmo a rughe segnate, a capelli diradati e qualche chilo di troppo. Io solo portavo quei segni. Lei no, lei ancora schiacciava i pensieri...

I caught Erika so wistful by chance.She crushed her thoughts, as we do with a stunned, it has been by chance, an extraordinary event she wanted to give me. But never did she know about her look being venerated for having caught her in a shoot.
We met up again with marked wrinkles, fewer hair ad some extra kilos. It was just me who brought the marks, not her,who was still crushing her thoughts...

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Foto di Dirk Peschen

lunedì 5 novembre 2018

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi Dal tramonto ad...Alba

(storia a quattro mani di Francesca&Giovanna)


Non sapeva cosa avrebbe fatto da quel giorno di luglio. Aver saputo di perdere il lavoro così in fretta non le diede tempo di pensare ma quella fu solo una fortuna. Sapeva guardare oltre. Oltre la linea dell'orizzonte.
E allora seppe, seppe che poteva inventarsi ancora, che ciò di cui si era “fatta” per sopravvivere alla vita, poteva spenderlo finalmente, per dimostrarsi quanto di buono il lei ci fosse. Alba era il suo nome, ringraziò sua madre e suo padre per averglielo dato, solo due giorni dopo la sua nascita, perché nessuno delle famiglie di entrambi, gradiva quella scelta e un altro nome aveva da proporre. Testardi i suoi genitori, testardi e fieri, non ascoltarono nessuno e Alba fu. 

Alba si levò le scarpe umide di pioggia, accese la stufa e mise il bricco dell'acqua sul fuoco. Dalla finestra di cucina, la luce del tramonto tingeva di altri colori le pareti, l'angoliera in legno dei nonni e la piattaia. Tutto era rosso e arancio. Sembrava potesse prendere fuoco da un momento all'altro. Il fuoco scoppiettante nella stufa, l'acqua che bolliva nel bricco, facendolo tintinnare leggermente, erano l'accompagnamento ideale per gustarsi al meglio la tisana di spezie. L'aroma pungente non tardò a riempire la stanza. Alba guardava salire verso l'alto i disegni del vapore. La tazza pareva un calderone magico. Un fiore, il drago, la balena.
Tolse il bricco dal fuoco, prese la tazza, quella di porcellana bianca, fine, col righino dorato, unica rimasta del servito di nonna Olga. Il piattino non aveva resistito, se ne era andato da tempo frantumato in tre pezzi, quel giorno, che più arrabbiata del solito, Alba lo aveva maldestramente estratto dalla lavastoviglie, consegnando tutta la sua ira alle sue mani. Non mise zucchero, né miele nella tisana, l'aroma delle spezie e il suo sapore preciso, non volevano altre aggiunte. Sedette, soffiando sul liquido caldo, sorseggiando a fior di labbra per non scottarsi. Intanto il vapore con i suoi disegni: il fiore, il drago, la balena, si erano fermati nei pensieri, reclamavano di uscire. Appoggiò la tazza, si guardò intorno con sveltezza cercando. Da qualche parte sapeva che 'cerano fogli, colori e una matita, per quel tutto di sé abbandonato un giorno. 
Prese il rosso, l'arancio e disegnò il drago che aveva le sembianze di un uccello infuocato con le piume al vento della tempesta. Una goccia di tisana sul foglio di carta sparse colore. Alba si apprestò a tamponare il disegno che per un attimo parve dissolversi. Stupore! Un fiore si era impossessato del foglio. Le scarpe erano ormai asciutte. L'aria pungente invitava ad una nuova uscita. 
Alba camminava ora lenta tra i filari dalle colorate foglie. Cantava. Un canto liberatorio. Un canto antico le sgorgò dal cuore e si propagò nell'aria. L'eco le rispose e Alba capì. Comprese il senso di tutto ciò. Lo zampillo della balena, uscito dalla tazza, era il segno. L'inizio di un nuovo percorso.

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venerdì 2 novembre 2018

Pennellate di parole...In incognita


Eduard Hopper 1965 Lettrice in treno 





La stazione centrale di Berlino era appena passata. Il convoglio aveva ripreso il suo viaggio attraverso il tramonto. Quando il capotreno avrebbe annunciato la prossima fermata, sarebbe stato notte fonda. Tra cinque ore Varsavia. Mi persi, mi immersi, feci finta: di leggere, di capire, di memorizzare. Sotto la tesa larga del cappello chiusi gli occhi, cercando di nascondere il sopraffare del sonno e quella sensazione diffusa di torpore che mi stava assalendo. Non volevo però lasciarmi andare del tutto, mi dava fastidio il pensiero di essere svegliata dal controllore qualora fosse passato, o dalla voce garbata del cameriere che m’invitava, se volevo, a prendere posto nella carrozza ristorante, per un drink o una cena leggera. Dieci minuti, quindici al massimo di sonno, poi avrei ripreso il controllo, letto davvero, capito anche, memorizzato pure. A Varsavia mi aspettavano una camera d’albergo di terz'ordine, un mese di prove intense non pagate, venti rappresentazioni al Polish Theatre, da confermarsi solo se le prime tre avessero riscosso successo. Altrimenti stop, fine, si smonta, si torna a casa, senza diritto di replica. A quanto avrebbe ammontato il mio compenso per quel ruolo da protagonista, non lo sapevo. Tra me e l’impresario della compagnia, del quale conoscevo solo la voce, per averlo sentito al telefono una sola volta e per pochi minuti, l’argomento denaro non era stato sfiorato. Non per i soldi avevo accettato la parte e nemmeno per accrescere la mia notorietà. Ero già ricca dell’uno e dell’altro. Per sfida, scommessa, curiosità, paura, smisurata autostima. Solo per questo.
Io Rita, io la Rossa, l’esplosiva, l’amante desiderata, la femmina che accende, magnetizza, sceglie, scarta, riprende, da sei ore e venti minuti (il tempo che aveva impiegato Tomas Bird,miglior truccatore scenico americano) ero Erika Moon, fantomatica attrice appena uscita dall'accademia. 
No, Tomas non mi aveva imbruttita, questo non glielo avevo permesso, solo cambiata, accentuando il naso, gli zigomi, la bocca, il mento. Di tutta quella sfida, questa era la cosa più dura da sopportare. Viaggiavo in incognita, sotto trucco scenico. Viaggiavo per un altro viaggio ancora sconosciuto…

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giovedì 1 novembre 2018

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi Senza pretese





Non dovresti immaginare disse
Non dovrei ascoltarti rispose
Pioveva, non lo faceva da tempo, ce ne era bisogno, lo ripetevano tutti. 
Si fecero il primo tè d'autunno.  
Non inzuppi i biscotti? disse
Non ti fai mai gli affari tuoi? rispose
Diluviava ora, faceva rumore sui vetri, dovettero alzare il volume della televisione, accesa e ignorata, ma che per copione di domenica uggiosa, così doveva essere.  
Non so da chi andare a tagliarmi i capelli... disse
Lo dici tutte le volte, non so quante volte lo hai detto... rispose
Di botto aveva smesso di piovere, un raggio di sole annacquato, uno squarcio di azzurro nel grigio. Erano già le 18:30 e non ci sarebbe stato il tempo perché asciugasse in terra prima di notte. 
Stasera che si mangia? disse 
E’ presto per pensarci rispose
Un vento strapazzone prese a soffiare, si rovesciarono le sedie in giardino, suonò l’allarme della vicina, anche il gatto, che da tre ore dormiva nella sua cesta, aprì gli occhi, alzò la testa infastidito. Poi, riprese il suo sonno.
Ri piove, non forte come prima ma ri piove disse
Lo vedo rispose
Il tramonto fu un tramonto senza lode, peccato, di solito il cielo non delude. 
Accesero la luce sul tavolino accanto al divano. Avevano entrambi già messo i pantaloni lunghi della tuta, i calzini e le scarpe da ginnastica. Abbigliamento da casa autunnale, in anticipo sul calendario. 
Che scrivi? disse
Un raccontino senza pretese rispose


Scattiscritti Ragazzi foto di Cristina Masoni







Il bello della vita è la vita. Non sai come sarà, quanta ne avrai in dotazione, quali scelte di metterà di fronte, quali e quanti salvataggi ti offrirà. Nelle attese in consegna, nelle speranze in crescita, nel passato vissuto, nel futuro non immaginato.
Il bello della vita è la vita. Sedettero insieme, insieme presero posto, forse insieme se ne andranno. 
Intanto è tempo di sorrisi e ricordi, di storie narrate per l'ennesima volta, di tristezze messe da parte per non intristirsi.
L'un l'altro appoggiati. 
I bastoni son solo una scusa...

Foto di Cristina Masconi 









martedì 30 ottobre 2018

Pit Stop Il tempo è solo una scusa







Piove forte, rallenta ma poi riprende. E' così da stamattina. Violenti scrosci si alternano al cadere silenzioso della pioggia autunnale. Un vento caldo ma strapazzone, sconquassa uomini e cose. Strade ingombre di rami, di cumuli di foglie, di terra venuta via dai cigli, di melma importata dalle ruote sull'asfalto. In campagna l'occhio va sulle fronde scosse, sui campi in smottamento, quando tra acqua e vento, si fa un gran rumore. In città non so, capita lo stesso? Flettono i lampioni? Dondolano le auto in sosta? Si riparano i gatti randagi? Nel buio di questo lunedì, il primo, dopo il ripristino dell'ora solare, si avverte cambiamento. Fosse solo di pressione atmosferica, di inverno in quota, di luna che prima sorge e sole che troppo presto tramonta, sarebbe come deve, come ciclicamente è. Ma son altri i cambiamenti che mettono in subbuglio, che scuotono la conoscenza a chi ce l'ha, che mettono domande in circolo, prima di risposte che non vorremmo sentire.

Accorcia il giorno, la notte rivendica le ore. Fosse solo notte di obbligato passaggio verso il nuovo in arrivo. A l'avvio del neo anno, già si contano i primi minuti di luce in più. Ma è un altro tipo di notte, è buio d'ignoranza, è notte per chi non vuol vedere, sentire, è silenzio sul rumore, il rumore di chi vede e sente.

Piove ancora, come ieri, rallenta ma poi riprende. C'era sabbia nell'acqua scesa ieri, oggi lava invece, meno vento, più freddo.

Piccoli cambiamenti di atmosfera.
Il resto resta e si rafforza.
Purtroppo.


venerdì 26 ottobre 2018

Da 1000 a 4000 battute spazi inclusi ( oltre le 5000) Una ottima annata






Fu un’ottima annata quella del 1964, nascemmo così in tanti che la scuola elementare Niccolini, dove io fui iscritta, dovette, per poter garantire l’istruzione a tutti, fare i doppi turni. Che cosa erano i doppi turni direte voi?...Una cosa impensabile ai giorni d’oggi: un trimestre frequentavamo la scuola al mattino, un trimestre al pomeriggio, così nella stessa aula, due erano le classi ad alternarsi. Cose da secolo scorso, anche se stiamo parlando solo del 1970 o giù di lì. Eppure succedeva, succedeva in quella nostra epoca, in cui le scuole riaprivano il primo di ottobre, il primo esame era alla fine della seconda elementare, il secondo in quinta e quello di terza media il terzo. Povere creature… Col grembiule bianco le femmine, con quello nero i maschi. Unica nota in comune, un colletto bianco a righine blu finissime, che sopra a quello già in corredo del grembiule, veniva abbottonato dal clik di un bottone jet, posto dietro.


31 eravamo in prima elementare, 31 con un’unica maestra, che rispondeva al nome e cognome di Elvira Cavalli, parmense di origini, se la memoria non mi inganna, sposata con un insegnante a sua volta, entrambi con la cattedra nello stesso plesso scolastico. Grandissimo fumatore il Signor Cavalli- il cui il nome di battesimo ora mi sfugge- lo si sentiva forte, avvicinandosi anche da non troppo vicino. Frammenti di dettagli in memoria…fanno la differenza. 

Per una di quelle che vengono definite in gergo fiorentino “quelle cose avvorte”, la Signora Elvira, io la conobbi prima di sapere che sarebbe diventata il mio mentore. Il caso volle, che nell'agosto del 1970, a due mesi dall'inizio della mia carriera da alunna, io e l’Elvira fossimo vicine di casa in affitto, nella ridente cittadina balneare di Donoratico, alla quale io giungevo regolarmente ogni anno, parecchio provata, dopo aver vomitato più volte per buona parte della Volterrana, unica strada ricca di tornanti, che a quell'epoca nostra conduceva a quel pezzo di costa e di mare. Perciò, fu una vera carrambata, quando mi ritrovai la Cavalli come istitutrice! 
Sempre in quella nostra epoca, il primo giorno di scuola, il primo di tutti gli altri primi giorni di scuola in assoluto, l’assegnazione dell’insegnante non la si sapeva che un attimo prima di varcare per la primissima volta il portone della scuola. Un rito: mamme e figli seienni affollavano il cortile della Niccolini; dall'alto di una delle scalinate di pregio ( la scuola già vecchiotta, ma di bell'aspetto, ne aveva due, in pietra serena, poste ai due lati della facciata), una voce possente senza ausilio di microfono, pronunciava il nome della maestra e a seguire, uno per uno, i nomi degli alunni a quella assegnati. Azzardo di memoria: mi pare che ci fosse addirittura un’estrazione in diretta, per mettere insieme i due soggetti, ma può darsi che dal ricordo sia passata direttamente alla fantascienza. Comunque, alla chiamata di nome e cognome dell’infante, la madre alzava mano e voce e, con la creatura ancora frastornata da quel rito, saliva lo scalone, varcava il portone, entrava nel corridoione, seguendo passo passo le indicazioni che il bidello/a, con fare educato ma autoritario, indicava. Riavvolgendo il nastro dei ricordi, ho un flash: “Ehhh siete stati fortunati-disse una madre alla mia- “La Cavalli è una delle migliori”! 
Di questa notiziona, la mamma andò sempre parecchio fiera, visto che non era ricorsa a mezzucci perché io avessi il privilegio dell'Elvira. Piccole forme corruttive di quell'epoca nostra... Fu così che la maestra Cavalli ci prese in affido per un quinquennio, il penultimo prima della pensione, consegnandoci, in fondo a quel primo percorso di conoscenza, per me il migliore di tutta la mia vita scolastica, non solo l’attestato di licenza elementare, ma anche un grande complimento, quello di essere stati uno dei cicli migliori avuti nella sua lunga carriera di insegnante. E il ricordarlo ancora oggi ecco…è di gran soddisfazione! 


Per via di quell'autonomia decisionale, quasi assoluta, che le insegnanti avevano in quella nostra epoca, alla fine della prima elementare, da 31 diventammo 29. Due bocciature, cosi d’emblée, perché non ritenuti/e idonei a proseguire.Per il loro bene meglio stopparli subito, per un ottimo subitaneo recupero, prima che fosse troppo tardi. Non mi è mai pervenuto ( ma dovremmo attingere all'archivio dei ricordi degli altri 29 della classe) che nessuno dei quattro genitori in causa, avesse avuto da ridire...o, se anche lo ebbe, dovette accettare la decisione presa, perché altro, in quell'epoca nostra, non c’era da fare. 

La maestra Elvira era davvero una garanzia, dal un punto di vista didattico, da quello umano un po’ meno, ma non potendo la buon'anima replicare, lascio qui cadere la cosa. Ciò che imparammo con lei, mai è stato dimenticato, scalfito, messo da parte, considerato non importante o inutile, col passare del tempo, Tanto che molti di noi 29, io in testa, in prima media copiavamo i temi, (quelli che ora vengono chiamati testi), in classe, ( quelli che ora vengono chiamati verifiche) che ci vennero riconsegnati, alla fine delle elementari, in una cartellina di cartone con elastico, dopo l’esame, con l’ultima pagella scritta a mano in bella grafia, e la licenza elementare conseguita. Al primo colloquio con la Prof.ssa di lettere, tale Zani di cognome, un po’ antipatichina a essere sinceri, ma non stupida, alla mia mamma venne detto che andavo bene sì, pur non facendo quasi nulla, campando di rendita dalle elementari. Figuriamoci se avesse saputo che attingevo dalla cartellina di cartone con elastico?... Rendita buona non si cambia! 

I mesi di ottobre del mio tempo, erano l’eleganza dell’autunno: la prima brina sui campi ancora esistenti in quel di Soffiano/Monticelli, il sole tiepido del dopo pranzo, il golfino sopra al grembiule al mattino, i calzettoni in cotone fin sotto al ginocchio e quelle ore passate in cortile, prima di mettersi seduti al tavolo di cucina a fare i compiti, che erano giusti, né pochi, né troppi, che si potevano fare da soli. 

Nell'ottobre del mio tempo, si vendemmiava. Ora è tutto in anticipo, qualche vigna si spoglia di grappoli già a fine agosto. 
Nel lavabo di granito in terrazza, la mamma poneva un marchingegno che serviva per strizzare i panni, quando ancora, tra gli elettrodomestici in dotazione nelle case, il frigorifero e il forno, erano gli unici che si possedevano. Dalle terrazze veniva calato il panierino con la merenda da consumarsi nella corte o in strada. La più gettonata era pane, burro e sale, pane, acqua e zucchero, pane e marmellata. 
Un’altra vita, un altro mondo, nessuna retorica, solo realtà com'era e come mai più potrà essere.
Nessun rimpianto, solo storia.
La nostra.


sabato 20 ottobre 2018

Pennellate di parole... Tre passi


Vincent van Gogh Avenue of Poplars in Autumn, 1884



Donna Adele veniva da lontano. Poco di lei si sapeva: che era vedova da vent'anni e che i due figli maschi,avuti in giovanissima età, erano rimasti nella terra sconosciuta, da cui proveniva. 
A Malafrasca le donne la evitavano, per paura che s’insinuasse nelle loro case, rubasse l’amore dei figli, risvegliasse l’appetito dei consorti. 
Eppure nulla di lei faceva pensare a quel tipo di femmina. Sempre avvolta in abiti scuri dalla foggia antica, con un foulard a nasconderle i capelli, d’estate e d’inverno, con quell'espressione sul volto che ogni giorno celava un mesto pensiero. 

Martino, delle dicerie di paese non si curava. In Adele vedeva la madre che da troppo gli mancava e la moglie che un giorno avrebbe voluto tra le braccia. 
Così, divideva, separava, con pudicizia, il tempo trascorso a spiarla, sentendosi ora bambino cullato sulle sue ginocchia, ora uomo acceso dalle sue carezze.
Sul suo viso, nel suo corpo, commozione ed emozione s’agitavano ogni volta, mentre con il fiato fermo in gola, si saziava di lei madre, di lei donna. 

Un giorno si videro sul sentiero delle Illusioni. Lunghe erano le ombre, i marroni andavano in giallo e le fronde aspettavano dal vento l’ordine preciso per solleticare il cielo. 
Tre passi li separavano. 
Al primo si scambiarono passione. 
Al secondo amore. 
Al terzo abbassarono gli occhi…

lunedì 1 ottobre 2018

Pit Stop No, non mi scorderò mai, niente di te...

No, non ti scorderò mai, non scorderò mai niente di te...
Sei entrato nella mia adolescenza, portato da mio padre, che ti amava, io con lui ti ho amato, ho cantato le tue poesie in musica, in macchina, quando avevo bisogno di bellezza nella voce e nei pensieri, ho trascritto i testi delle tue canzoni nei diari di scuola, ho i tuoi vinili, tutti o quasi, quelli registrati in italiano, a casa di mia mamma, un patrimonio che mai andrà ad altri. Ho recitato per me le tue canzoni, pensando che un giorno, forse, lo avrei fatto davanti a qualcuno. Armeno, in Francia, ti ho aspettato all'uscita del Teatro Comunale a Firenze, nel novembre del 2009, l'unica volta che ti ho sentito dal vivo, penso l'ultima che sei stato in Italia. Piccolo grande uomo, folletto da palcoscenico, non bello ma immensamente affascinante, voce unica, per un'unica Francia. 
Grazie per aver fatto parte di me e per...rappresentarmi così come ero, come sono, come sarò...


Scattiscritti Un raggio passa...

Foto di Annamaria Lucchetti 
Eppure, davanti al buio che avanza, un raggio passa, a modo suo tinteggia, a suo modo riporta respiro dov'era apnea. Prendo tempo, mi fermo, raccolgo, non so ancora cosa terrò e se terrò. Probabile non metta a memoria ma viva l'istante. Il presente reclama, il passato racconta, il futuro immagina. Resto nel mio, che a nulla di questo appartiene...

mercoledì 26 settembre 2018

Pit Stop Mine vaganti




Mi vagano pensieri in testa. Certe volte avviene mentre guido, la testa si affolla, la corteccia cerebrale fibrilla, tanto che dovrei inchiodare, chiudere gli occhi, resettare.. Non posso nulla di tutto questo, per dovere di occhi sulla strada e testa sulla guida. Sono pensieri in futuro, su quel ciò che avverrà per forza, per legge di natura, per tempo in scadenza sul corpo. Mi sono vista in quel momento supremo, in cui si giace e gli altri intorno osservano. Ti ho visto, nello stesso momento, nella medesima giacenza e ho avuto paura. Il passare degli anni mette in circolo certi presagi, li mette in conto tra gli avvenimenti certi, in attesa di accadimento. Mi è venuto un groppo, ho cercato di scacciare le immagini e la potenza che avevano. Non ho avuto il coraggio di guardarti, non ho cercato di specchiarmi, ho ricacciato tutto, dalla fronte alla nuca, ho spinto dentro, ho spinto via dagli occhi della mente. Ma la presenza di tutto quel troppo immaginato, di un giorno che sai ma che non  ti aspetti, mi pesa e mi impaurisce. Mai prima d'ora avevo sofferto questa sensazione portata dalla fine. 

Se è un preludio di età in avanzata, dovrò tenerlo a bada ubriacandomi di vita.


giovedì 6 settembre 2018

Pit Stop Agosto 2018 Vacanza solidale Bevagna


Bevagna, 18 agosto 2018






Bevagna borgo umbro. Tornare nei luoghi già visti e vissuti. Perché no?...Regala un senso di appartenenza, di meta acquisita, si ferma a vita nella memoria. E’ sabato mattina, qui ci eravamo nell'agosto del 2015. Con una guida del posto vedemmo quello il girare da soli non ti permette: il teatro, le terme. Piccole meraviglie di una cittadina meravigliosa. Settimana di ferragosto, poca gente. Qui la paura del terremoto fortunatamente non ha fatto vittime, né macerie, ma ha danneggiato in presenze. Scrivo seduta sulla scalinata della piazza principale, tutti passando qui almeno una volta, tutti si fermano, per un caffè, per per una bibita, è il primo “assaggio” di Bevagna per tutti. Ma quei tutti non sono abbastanza. Scrivo, ascolto le voci di paese, parlano dell’imminente ripresa del campionato di calcio, mentre arriva sudata una giovane coppia di turisti in bicicletta,di quelli che hanno scelto questo mezzo per fare vacanze. Anche noi questa volta siamo arrivati a Bevagna in bicicletta da Cantalupo, dove al Giardino degli Elfi sostiamo con il camper. 4 chilometri circa, tutti in piano, ma continuo a preferire il camminare al “biciclettare”. Come dicono i giovani dei giorni nostri “Si è fatta una certa”, lo stomaco brontola, ci avviamo: stesso locale dell’agosto 2015. Siamo un po’ abitudinari. 
Che dite, è grave?...









domenica 19 agosto 2018

Pit Stop Agosto 2018 Vacanza solidale Norcia, Preci, Visso...


Norcia, Preci, Visso...14/15 agosto 2018



Una giornata dolorosa ma necessaria, per capire, rendersi conto, oltre le immagini televisive e i reportage fatti da altri. Entriamo a Norcia da una delle sue porte ferite. Il corso cerca di ripartire, con alcune attivita' commerciali riaperte dove gli edifici non troppo danneggiati lo hanno permesso. Chiusa l'antica sede del Bar gelateria Roma, meta fissa per chi arrivava dalla Porta Ascolana e non solo, ritrovo orgoglioso dei norcini.

Proseguiamo cercando di ricostruire mentalmente cosa c'era e dov'era, leggendo sugli sporti la nuova collocazione dell'esercizio.

La piazza, quella piazza, ammirata piu' volte, sede dei tanti collegamenti del dopo sisma, non sembra nemmeno la stessa.

Della chiesa di San Benedetto resta solo la facciata ingabbiata, mentre un grande telone ricopre le macerie della sua integrita' sbriciolata. Lo stesso vale per le altre minori ma non di minore importanza. Porte chiuse, vicoli interdetti, silenzio, appena si lascia corso e piazza. Ritroviamo un po' di "struscio " uscendo dalle mura, ferite in piu' punti, dove una schiera di moduli in legno, ospitano le botteghe che nel centro non hanno potuto riaprire. Compriamo cioccolata, scambiamo parole e sensazioni, perche' non mi stanchero' mai di dirlo, fermarsi a parlare con la gente, e' il meglio del meglio del viaggio, figuriamoci in questi casi...

Ripartiamo, sosteremo e visiteremo Cascia, ma gli obiettivi sono Preci e Visso, anche se gia' qualcuno ci consiglia di non andare in quest'ultima, se si e' vista prima.


L'area di sosta sotto il paese di Preci, esiste ancora. Siamo solo in due camper. Saliamo con fiducia, ignorando totalmente che dovremmo fermarci ben presto. Questo piccolo gioiello, arroccato, aggrappato ai piedi dei monti Sibillini, e' tutta zona rossa, e' tutta bellezza per forza maggiore abbandonata. Tutto questo ce lo raccontano alcuni romani che hanno ancora casa qui. Danni lievi, resa agibile con pochi interventi, ma intorno a loro deserto. Raccontano, appassionati di questo borgo, leggendo sconforto nei nostri occhi, commozione nella nostra voce, ricordando come lo ricordavamo. Ci ringraziano per essere qui, per la testimonianza di affetto, per la memoria di questo piccolo paese che porteremo con noi.


La visione di Visso solo da lontano, ammutolisce entrambi. Piove, non ci fermeremo. Ci avevano detto ma non cosi' credevamo. Penso al Palazzo Comunale, alla sua entrata, penso alla galleria del pittore Giovannini, con cui messaggio spesso, la colazione al Bar Sibilla, il giro della piazza brulicante di chi torna alle radici, di chi si affaccia per la prima volta in questa ennesima bomboniera firmata Sibillini. Anche qui, fuori il centro storico, si prova a riprendersi la vita.

Sfioriamo CastelSantangelo sul Nera. La pioggia e' piu' intensa, il magone pure. E' ferragosto e per nostra fortuna la strada che porta diretta a Castelluccio, e' aperta. Ci arriviamo che fa tramonto.

Un tramonto di Castelluccio.

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giovedì 16 agosto 2018

Pit Stop Agosto 2018 Vacanza solidale Pintura di Bolognola

Pintura di Bolognola, 11 agosto 2018



Monti Sibillini, sempre e ancora, Appennino Marchigiano, da 1400 a 1850 metri, con un dislivello di 450. Tira vento, il sole acceca. Lasciamo il camper nel grande piazzale ai piedi delle creste, dei sentieri che salgono. E' un sentiero facile, quello scelto, ben battuto, la gamba spinge, il fiato si rompe. Il verde da ogni parte impera. Mucche al pascolo, distrattamente alzano lo sguardo alla nostra presenza, prese come sono nel loro ruminare. Con passo cadenzato ma senza fretta, arriviamo a quota 1800 metri. Un giovane pastore di colore, il suo gregge di pecore. Ci fosse uno dei tanti imbecilli di turno, esordirebbe con qualche battuta infelice.
Camminiamo per 15 km, andata e ritorno e per le 14 siamo gia' con le gambe sotto al tavolo del ristorante La Capanna: due porzioni di tagliatelle, due di torta ricotta e cioccolato. 
Ce lo siamo proprio meritato...




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Foto di Marco Galeotti









martedì 14 agosto 2018

Pit Stop Agosto 2018 Vacanza solidale Lago di Fiastra






Lago di Fiastra, 10 agosto 2018

La notte del 24 agosto 2016, eravamo qui. La terra tremo' tanto e a lungo, da percepire la scossa dall'interno di un mezzo su ruote. Sembrava che qualcuno, anzi piu' di uno, scuotesse con tutta forza il camper. Ci svegliammo, pochi secondi e capimmo, precipitandoci fuori insieme agli altri equipaggi che come noi sostavano lungo lago. Pochi minuti ancora, e la televisione gia' raccontava cio' che putroppo e' gia' storia. 

E' il 10 agosto del 2018 e qui non c'e' nessuno, poche le auto in transito sulla strada principale a pochi metri da noi, nessuno sul sentiero che costeggia il perimetro del lago e sale a un belvedere dove tutto si ammira, nessuno a piedi sulla diga che ha creato il lago. San Lorenzo al Lago e il paese di Fiastra, sono a pochi chilometri da qui. A San Lorenzo al Lago, come gia' fatto in precedenza, ci andiamo a piedi, seguendo il sentiero all'ombra lungo lago. Facciamo colazione, facciamo un giro, per renderci conto dei danni e di come stanno oggi le cose. Via vai, ma non troppo. Siamo fieri di questa vacanza solidale nei luoghi del sisma. 
Rientriamo con calma, la calma sara' la costante di queste ferie a poche ore di strada da casa. 
Il lago riposa, fa caldo, ma una brezza leggera spezza la calura. Tutto e'piacevole e lento. 
Domani sara' un altro luogo, sara' un altro paesaggio...


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Pit Stop Agosto 2018 Vacanza solidale Castelluccio di Norcia






Castelluccio, 13 agosto 2018




Nessuna foto di Castelluccio ora. La piana ci ha accolto ancora una volta, noi e il nostro camper. Temperatura in picchiata la notte, dormiamo alla grande. Al mattino la nebbia nasconde le creste dei Sibillini. Attendiamo diradi, lasci il posto al sereno. Zaino in spalla, scarpe adatte, occhiali da sole sul naso, prendiamo la strada in mezzo alla piana, ci portera' a Castelluccio, lo sappiamo bene, non e' la prima volta. Ci atteniamo al viottolo gia' battuto da altri prima di noi, non vogliamo calpestare dove non si puo'. E' uno stradello erboso in mezzo all'erba. Sale, si inerpica, rizza, arriva al paese dal lato ovest. Abbiamo gia' macerie negli occhi e rumore di ruspa nelle orecchie. Proviene dalla zona rossa. Nella piazzeta di arrivo c'e' vita , vita ben oltre la desolazione e tutte le difficolta' che questa piccola comunita montana, affronta dal 30 ottobre 2016. Moduli, gazebi, accolgono gli esercizi che erano in paese, la gente arriva, si fema, consuma, compra. Non basta ma aiuta, serve, ce n'e' bisogno, e' quello che i castellucciani vogliono. "Venite" ci dicono, " fermatevi, anche solo per fare due chiacchiere con noi, non sapete che bene ci fate" Noi cerchiamo, per quanto le nostre finanze ce lo permettano, di comprare un po' di qua, un po' di la': ceramica con disegno ispirato alla fioritura, lenticchie rosse e verdi, salumi, o meglio "i cojoni de' mulo" e poi pranzo all'agriturismo Monte Veletta, che ha riaperto solo pochi giorni fa. Non piu' di 10, i residenti in inverno a Casteluccio, 300 circa, nel periodo estivo. Cosi' ci dicono. "Ricostruiranno il paese?" domandiamo. Nessuno sa cosa, sa come. Nessuno in fondo forse, ci crede. 

Un pugno di case arrocate in cima a un cucuzzolo, una storia antica, un luogo noto, affascinante e irripetibile. 

Una maledetta mattina alle 7.40 


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mercoledì 8 agosto 2018

Pit Stop Agosto 2018 Foreste Casentinesi



Foreste Casentinesi 8 agosto 2018
Il cammino e' dolce, un bosco che accoglie, il piede che piano sale. Foreste Casentinesi, silenzio, natura, rispetto, memoria. Quest'ultima ritorna ai partigiani che qui si nascondevano e di certo, a l'epoca, la foresta era molto piu' fitta, non pulita come adesso per il turista errante, il camminatore di un giorno. Era impervia, fredda, chiusa, era nascondiglio. 

Siamo giunti a Montefalco, 1600 metri di altitudine. C'e' una panchina qui ora, una staccionata, un punto preciso d'osservazione, dove posare lo sguardo sulle creste appenniniche. 

La serenita' mi agguanta, o almeno ci prova. Non mi astengo. Il passo riprende, direzione Monte Falterona....





lunedì 23 luglio 2018

Impressioni in penna...Robin Hood firmato Compagnia teatrale L'In Stabile

Le mie impressioni in penna, nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l'anima ha visto, digerito, rielaborato, perchè a modo mio resti...





Passione, dedizione, affiatamento, professionalità. Tutto questo si è visto a Palazzuolo sul Senio dalla Compagnia teatrale L'In Stabile di Faenza, che di amatoriale ha poco e di professionalità ne ha molta, nel suo Robin Hood. Perché ( parola di attora oltre che scrittora per passione), il teatro amatoriale, quello fatto bene, con cura, con talento, con amore, è "una bellezza per occhi e core...che intender non lo può chi non lo prova..." ( per dirla allo Sommo Poeta). Bravi, affiatati, complici, per uno spettacolo completo, che alterna, senza esagerare nelle tre parti, recitazione, canto e ballo. Numerosi gli interpreti in scena, ben scelti nei ruoli, per raccontarci una storia tanto conosciuta quanto amata, da grandi e piccini, farcita d'ironia, sarcasmo, pathos e una piccola dose d'improvvisazione, che mai guasta, che fa la differenza, che rende una rappresentazione mai uguale a un'altra! Palazzuolo, Feste medievali, Piazza Alpi, palcoscenico perfetto, con la fontana dietro come quinta e la facciata dell'antica chiesa in alto, come maniero. In questo scenario unico, un Robin Hood ci sta sempre bene! Teatro amatoriale, patrimonio dell'umanità! 
Compagnia L'In Stabile


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Foto di Donatello Vignoli 

Foto di Donatello Vignoli