sabato 6 maggio 2017

Pit Stop Scrivere e riscrivere ( riflessione da un articolo di Luigi Maiello)




Scrivere nel tempo, rileggersi. Ritrovarsi spesso, far fatica a riconoscere che tutto ciò lo abbiamo scritto noi, in un "fa" andato. Succede, mi accade. Certe volte ritrovo pagine che avevo rimosso, salvo poi rimanere piacevolmente sorpresa, di averle scritte io. 
Altre ancora le rinnego, le rivolto, le....butto via! Si, ebbene si, ne sono capace: evidenzio, cancello. Dicono i fotografi veri, che si deve essere capaci di farlo anche con le fotografie: eliminarle. 
Che sia segno di tranquillità con se stessi e con il nostro modo di creare? Può darsi...
La cosa più emozionante in assoluto. è quando però mi rileggo e mi commuovo di nuovo, ancora, del mio operato, senza che nessuno mi veda mi beo. Ecco, quando capita questo, capisco che la scrittura è...il mio artigianato! Come il legno per il falegname o la stoffa per il sarto. 
Si scrive per essere letti, facciamocene una ragione. Quelli che sostengono che si scrive solo e soltanto per se stessi, mentono. L'inizio, la genesi, di ciò che si scaraventa sul foglio virtuale, può essere anche quella, ma il proseguo, vuole, esige, il lettore. Non a caso la rete pullula fin troppo di piattaforme, concorsi e concorsini, per aspiranti scribacchini vogliosi di essere letti. 
Riflessioni, diari messi in rete, racconti, incipit di ipotetici romanzi. Chiudere il cerchio? E perché mai?..Ognuno prosegua con la sua "immagine", il suo storellyng ( non ricordo mai se si scrive così) che in fondo, lasciare "segni" che altri interpretino e proseguano a loro sentire, significa essere entrati in altri panni: Sensazione stupenda...


Scrivere e riscrivere come in una rituale imperfezione

venerdì 5 maggio 2017

Pit Stop Come nelle favole



Come nelle favole, dice il testo dell’ultima fatica di Vasco Rossi. La vita non è una favola, nemmeno quando si ha la prosopopea di crederla tale. Farò una confessione:  chi sbandiera una gran felicità, mi sta sul… e altro non aggiungo. Come quelli che hanno tutte foto in cui sorridono a sessantaquattro denti. C’è una falsità di fondo. La felicità, ammesso che di questa parola se ne faccia un uso non improprio o se ne abusi, è fatta solo di attimi, di momenti, che magari nel momento stesso in cui si vivono, nemmeno ce ne rendiamo conto. E’ nel ricordo, nella memoria, che se ne ha la gradevole percezione, il gusto, il tatto. Solo rimembrando si prova la giusta emozione, si percepisce davvero e finalmente.
Per la tristezza è tutta un’altra cosa. Quella ti monta, ti smonta, ti allaga, ti accompagna , non ti molla. E quando uno dice scusa, mi son fatto prendere da un attimo di tristezza, mente. Lei resta, si annida, sopravvive.
Come nelle favole. Appunto son favole. Sistemate, adattate, dai finali che mutano a seconda dell’età a cui son rivolte. Anche della moda e del momento storico, risentono le favole. Stupidaggini? Può darsi. E’ il mio blog e dico quello che sento!
Scrivere serve a questo per me: scrivo quello che l’anima mi suggerisce, perché è di quelle precise parole, di quel preciso pensiero, che ho bisogno, qui e ora.
Dicono che l’arte e gli artisti, divennero tali, quando smisero di creare su commissione. Perché no, ci sta tutto. Sono vero nel mio fare quando sono libero di farlo nella maniera in cui per me sento.

Ma torniamo alle favole, alla felicità, alla vita.
Magari domani.