Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…
"Il paese che c'è" Teatro Povero di Monticchiello Il paese che manca
Monticchiello ancora in scena, per la quarantanovesima volta. Un paese la sua gente, che continua a raccontarsi per esserci, per dire la sua, per rinnovarsi e rinnovare la sua storia, tenere a memoria il suo passato, provare a gettare l’ancora nel suo futuro, avvalendosi di un presente che spesso vuole solo suggerire la parola fine. E’ un luogo fatato quello del Teatro Povero di Montichiello che si monta e si smonta ad ogni rappresentazione, si illumina, da voce, si veste e si sveste, si riempie di “genti”; sul palco fatto di tavole, sulle sedie rosse in attesa di essere riempite. Non ricordo che anno era, forse il 2003 o 2004, quella fu la mia prima volta a Monticchiello, la seconda quest’anno, domenica scorsa, una settimana fa. Prima fila, due posti prenotati on line, un piatto “pecorino e pere” consumato alla Locanda poco prima dell’inizio dello spettacolo, un’emozione forte a tratti commovente, che per tutta la durata dello stesso mi ha accompagnato. Ho atteso la fine, mi sono alzata, dopo aver applaudito forte, dopo aver represso l’istinto di montare anche io su quel palco e abbracciare tutti, uno ad uno, sono andata a congratularmi, dietro le quinte "in strada", per come quel testo appena accolto, mi fosse arrivato dentro con struggente potenza. Racconto bellissimo questo datato estate 2015, tanto corale quanto individuale, proprio perché in maniera diversa ma comune, ci appartiene, qualsiasi sia la nostra età. la nostra condizione. Non è una commedia, non ci sono veri attori, è solo vita, “la” vita di tutti quelli che su quel passaggio di paese imprestato al teatro, provano ancora una volta a metterla in scena, con semplicità, spontaneità, amarezza quando arriva, gioia quando coglie, sogno sempre! Così che lo scambio che avviene tra loro e noi, diventa, resta ed è, naturalmente naturale. “Il paese che manca” invece c’è tutto, con la sua tenacia, la sua caparbietà, le sue contraddizioni in questo presente precario, figlio appena maggiorenne di un passato stabile, concreto, andato suo malgrado sfilacciandosi, ma che con la stessa stabilità e concretezza continua a vedere, sentire, provare... domani.
"Il paese che c'è" Teatro Povero di Monticchiello Il paese che manca
Monticchiello ancora in scena, per la quarantanovesima volta. Un paese la sua gente, che continua a raccontarsi per esserci, per dire la sua, per rinnovarsi e rinnovare la sua storia, tenere a memoria il suo passato, provare a gettare l’ancora nel suo futuro, avvalendosi di un presente che spesso vuole solo suggerire la parola fine. E’ un luogo fatato quello del Teatro Povero di Montichiello che si monta e si smonta ad ogni rappresentazione, si illumina, da voce, si veste e si sveste, si riempie di “genti”; sul palco fatto di tavole, sulle sedie rosse in attesa di essere riempite. Non ricordo che anno era, forse il 2003 o 2004, quella fu la mia prima volta a Monticchiello, la seconda quest’anno, domenica scorsa, una settimana fa. Prima fila, due posti prenotati on line, un piatto “pecorino e pere” consumato alla Locanda poco prima dell’inizio dello spettacolo, un’emozione forte a tratti commovente, che per tutta la durata dello stesso mi ha accompagnato. Ho atteso la fine, mi sono alzata, dopo aver applaudito forte, dopo aver represso l’istinto di montare anche io su quel palco e abbracciare tutti, uno ad uno, sono andata a congratularmi, dietro le quinte "in strada", per come quel testo appena accolto, mi fosse arrivato dentro con struggente potenza. Racconto bellissimo questo datato estate 2015, tanto corale quanto individuale, proprio perché in maniera diversa ma comune, ci appartiene, qualsiasi sia la nostra età. la nostra condizione. Non è una commedia, non ci sono veri attori, è solo vita, “la” vita di tutti quelli che su quel passaggio di paese imprestato al teatro, provano ancora una volta a metterla in scena, con semplicità, spontaneità, amarezza quando arriva, gioia quando coglie, sogno sempre! Così che lo scambio che avviene tra loro e noi, diventa, resta ed è, naturalmente naturale. “Il paese che manca” invece c’è tutto, con la sua tenacia, la sua caparbietà, le sue contraddizioni in questo presente precario, figlio appena maggiorenne di un passato stabile, concreto, andato suo malgrado sfilacciandosi, ma che con la stessa stabilità e concretezza continua a vedere, sentire, provare... domani.
Emozione pura, pura emozione.
Grazie Domenica 2 agosto 2015
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Foto di Marco Galeotti |
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