Quando il verbo parlato non riesce ad esprimere l’essenziale sentito, è a quello scritto che devo ricorrere. Nel silenzio delle dita che battono sui tasti, provo a mettere ordine, a esprimere il mio disagio. Nessuno può, in questo preciso momento, contraddire. Lo stesso Nessuno può solo leggere se vuole, prendersi del tempo per farlo, oppure lasciare che i simboli neri d’inchiostro virtuale, gli scorrano sotto gli occhi come macchie scure.
Ho ascoltato le ragioni degli altri, il loro punto di vista, mi sono sentita come spesso mi accade: sul banco degli imputati. L’accusa ha fatto la sua arringa, il Pubblico Ministero ha ribattuto. Manca solo un giudice a completare la scena, a valutare o no l’avvenuto delitto di cattivi intenti. Soccombo ad ogni figura giuridica presente e non, taccio, non replico, incasso.
Non ci sarà nessun tempo a darmi ragione, verranno giorni nuovi a continuare a darmi torto, non ci sarà modo per far valere il mio pensiero, la mia parola contro la loro. Essi dicono che io ferisco, passo da Jekyl a Hyde senza che niente e nessuno possa fermarmi in questo mio trasformare. Cosi dicono, dovrò crederci, o almeno fra credere che credo.
Mi manca chi di mestiere ascolta, tu lo paghi e lui rielabora e rimanda. Ne conosco una molta molto brava, mi ha accompagnato per un lungo tragitto, è stata Lei che mi ha ricondotto alla scrittura, a ridar vita a questa passione abbandonata. In questa aula oggi vorrei che ci fosse. Lei saprebbe ricollocare i ruoli, saprebbe non farmi sentire così sbagliata come mi fanno. Non ho alternative a questo mio essere "imputata", né posizione sociale ed economica, che possa condurmi ad un atto di ribellione, di autonomia. Mi risento come se avessi vent’anni e ne ho quasi cinquanta. Non perché mi senta giovane e bella, proiettata in sogni, obbiettivi e vita in spendere, ma perché come allora inadeguata, fuori dal coro, compressa in una dimensione non mia, dalla quale come allora non riesco a uscirne fuori…
Cara me…(nemmeno poi tanto cara). Se mi fossi cara sarei altrove, sarei …Nemmeno lo so, dove e come sarei…
L’accusa ha terminato il suo intervento, il Pubblico Ministero pure. Il giudice insiste a mancare. Io ho ascoltato in silenzio con gli occhi nel vuoto.
“L’imputato ha qualcosa da dire a sua discolpa?” – una voce fuori campo domanda-
“ No, non credo, tutto è già stato detto”. - imbambolata rispondo-
"Potrei di questo tutto esporvi il mio contrario." - proseguo-
"Ma che effetto sortirebbe? L’errore commesso è mio solo, io l’ho fatto nel tempo e nel tempo tramandato, perpetuato. Niente dunque, davvero niente da dire.
A me sola rimetto sentenza…”
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"Niente dunque, davvero niente da dire.
RispondiEliminaA me sola rimetto sentenza…”
Arrivato in modo prorompente,in un momento assordante,nel mio silenzio del non dire!
meglio di uno specchio
RispondiEliminaMi piace quando qualcuno si prende la briga di commentare... Grazie
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