RITRATTO DI MADAME
CHARLES MAX (1896)
Giovanni Boldini (1842 - 1931) Pittore italiano Museo d'Orsay a Parigi Olio su tela cm 200 x 100 |
Madame Charles Max
“Si fermano, mi ammirano e sottovoce commentano.
Così da anni. Ma quanti? Ho perso il conto…
Ferma, costretta in questa posizione così leziosa
è vero, ma tanto scomoda…A suo tempo mi sarei dovuta rifiutare, perché non ci pensai?...Oh, se solo lo avessi
immaginato, se solo mi fosse sfiorata l’idea, di come sarebbe andata a finire!
Di certo avrei optato per una posa più comoda, sicuramente meno scic ma la
punta del piede sinistro e la spalla destra così abbassata da mettere a
repentaglio la mia postura, ne avrebbero di certo sofferto meno!
Che ore saranno? Che giorno è? Mercredì, oui, mercoledì, il francese
ogni tanto mi prende…. C’è ancora parecchio movimento, il tipico via vai da
tarda mattinata; ahimè, l’ora per sgranchirsi è ancora lontana.
A osservare quanta poca stoffa ricopra i corpi
delle dame, deve fare molto caldo fuori; pelle lucida, ventagli in movimento.
Il ventaglio continua a resistere. Col tempo ho imparato: quand le
soleil s’est tres chaud, les filles et les dames si…scoprono ! E vanno ben oltre le
mura delle loro camere, ma per le vie, a passeggio sui boulevards, a farsi carezzare dei raggi del sole sulle panchine dei
giardini, in mezzo a uomini che non sono nè mariti, né tantomeno amanti! Altro
che “belle epoque”, questa si che è “libertè”!
La libertà l’aveva nello sguardo profondo la
giovane donna di ieri, che per almeno mezz’ora è rimasta qui, con me. Aveva un volto
fiero, la chioma mossa ramata, la pelle
appena tinta dal sole, un abito corto dalla fantasia floreale, così leggero che
i seni si lasciavano vedere. Magre le
gambe, dalle ginocchia ossute, ai piedi due infradito senza tacco.
Mi ci sono voluti tanti anni per imparare
tutti questi vocaboli, ai miei tempi in vita non esistevano. Questa mia
permanenza nel mondo oltre la data di morte, mi ha portato nuova conoscenza…
Ma torniamo alla giovane donna che mi
ammirava rapita. Ve l’ho detto, è rimasta in mia contemplazione per almeno mezz’ora,
pareva volermi rovistare l’anima, far luce sul mio passato, attendere che le
raccontassi in qualche modo la mia storia. Ho inteso di far lo stesso io con
lei. Così gli ho dato un nome, un’età, e un sogno: Letizia, anni ventitre, sogna un allevamento
di cavalli in Andalusia. E mentre mi imbarcavo in questo nuovo gioco, gli occhi
oceano di lei sezionavano la tela alla
ricerca dell’oltre, del dietro, del di là. Strana la sensazione provata, come
uno smaterializzarsi, un tornare nel pennello, nel colore sulla tavolozza,
nell’immaginario di chi mi ha dato vita. Così, una di fronte all’altra, ci
siamo cercate nelle rispettive storie; lei frugante nel mio passato di nobil
donna frivola, io nell’immaginare l’ipotetico evolversi del suo sogno. Il
silenzio traboccava di emozioni, fino a che non ho ripreso coscienza del mio
stato; un’impressione, un attimo fermato, un frammento di quotidiano
imprigionato in cornice…”
Letizia si scosse e si
guardò intorno. Nessuno di quelli entrati con lei nella sala era più li. Madame
Charles Max si.
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