Le mie “impressioni in penna” nascono dal desiderio di far migrare nella scrittura, quello che l’anima ha visto, digerito, rielaborato. Perché a modo mio resti…
“Silvia in…bucce!...”
L’essenza
delle “Bucce”quella di Silvia Paoli, uno spaccato di quotidiano
autentico, sagace, desolante nella sua ironica interpretazione.
Camaleontica, istrionica Silvia, nei suoi “sette personaggi d’autore”
scritti, interpretati, creati da lei per lei, con una bravura
magistrale, con quel saperci entrar dentro sin dalla prima battuta, dal
primo passo sulle tavole del palcoscenico. Nessuna delle sue bucce è
lasciata al caso, monologhi serrati, precisi, intervallati da un
sottofondo musicale “parlato”, che come un buon collante lega,
accompagna la struttura del testo.
Una casa, un morto, la sua
veglia, così vera quanto grottesca e viceversa, vista vissuta recitata,
da più punti di vista, età diverse, collocazione sociale. Silvia Paoli,
lei sola, interpreta il via vai di famiglia che all’interno della
stanza, con un paio di scarpe a farci vedere il defunto, si alterna. Personaggi significativi e significati, che con un golfino diverso, una
parrucca, un paio di occhiali, prendono vita, si animano; Silvia ne è
l’artefice rigorosa. Io mi perdo nella sua bravura del restituire l'emozione, nel suo parteciparsi per far partecipare. Già l’avevo
applaudita in “Livia", suo precedente lavoro sempre da lei scritto; qui
si supera, si moltiplica, si consacra un gran "bell’animale da
palcoscenico", capace di muoversi in agio, tra recitazione, canto e ballo.
Mi fermo ad abbracciarla dopo la fine dello spettacolo, quando appagata da queste tre serate fiorentine al Teatro del Cestello, si ferma a salutare amici e non.
Grazie Silvia, per il “tuo” teatro…
Mi fermo ad abbracciarla dopo la fine dello spettacolo, quando appagata da queste tre serate fiorentine al Teatro del Cestello, si ferma a salutare amici e non.
Grazie Silvia, per il “tuo” teatro…
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Silvia Paoli nel suo spettacolo "Bucce" |
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